
Fu di nuovo uno di quei momenti in cui, per un attimo, appena ti svegli, non ricordi quello che sta succedendo. Aprendo gli occhi nella mia camera dove mancava tutto, impiegai un po’ a capire persino dove mi trovassi. Poi mi tornò in mente tutto quanto.
Trama
A tredici anni, Henry si sente separato dal mondo. Vive con sua madre Adele, una donna bella e triste, che dopo un divorzio difficile si è chiusa in se stessa; ha poche occasioni di svago e nessun amico, finché nel fine settimana del Labor Day un uomo dai vestiti sporchi di sangue lo avvicina al supermercato, chiedendogli aiuto. Si chiama Frank e rivela di essere evaso dall’infermeria del penitenziario, ma nonostante il rischio Henry e Adele non esitano ad accoglierlo in casa con loro. E in pochi, intensissimi giorni, la loro vita cambia radicalmente: Adele riscopre la passione con Frank, che cerca di redimersi da un tragico errore; Henry trova finalmente una figura paterna, con cui imparare a giocare a baseball, a cucinare una torta perfetta, a confrontarsi con la gelosia e l’amore. Così, mentre fuori la polizia dà la caccia a Frank, in casa il tempo sembra scorrere lento, racchiuso nell’intimità di una famiglia ritrovata.
Delicato e avvincente, Un giorno di festa parla di un ragazzo che affronta la difficoltà di crescere, di un pericolo che si trasforma in rinascita, di destini che si intrecciano all’improvviso per un gesto di fiducia. Dopo L’albero della nostra vita, Joyce Maynard tesse una trama perfetta, in cui le vite di tre persone cambiano in un unico, travolgente weekend, aprendosi alla speranza della felicità.
Recensione
La salvezza può assumere tante forme. La salvezza può giungere all’improvviso, in soccorso di qualcosa che va alla deriva.
Qualcosa che non ha a che fare con noi, perché chi ha bisogno di un salvagente, non si salva da solo. Si lascia trasportare dalla corrente. Sballottare dai flutti, lasciando aperta la possibilità di inabissarsi.
Henry e sua madre Adele si trascinano da diversi anni in una simile situazione. Da che il padre di Henry li ha lasciati, Adele è scivolata in un torpore sempre più avvolgente. Non ha più amici, non esce più di casa, non ha un lavoro. Henry ha tredici anni e si rende perfettamente conto che la madre sta ad un passo dalla follia, mentre lui è in continua lotta con il suo corpo, che si sta trasformando, con nuove forme e nuovi inquietanti desideri, che Henry cerca di decifrare e di manovrare a suo favore, per staccarsi di dosso l’etichetta dello sfigato di turno.
Un duo insolito, destinato ad un futuro sempre più cupo e solitario. Finchè un giorno, durante una delle rare visite al centro commerciale, Frank si insinua nella loro vita.
Adele e Henry si lasciano attraversare da questa apparizione e ospitano Frank a casa loro. Frank è evaso dal carcere e ha bisogno di nascondersi per un po’.
Inizia così una convivenza forzata che sin da subito si rivela sorprendente. Frank è gentile e premuroso. Si occupa della casa e dei suoi mesti abitanti, portandovi una ventata di aria fresca, che profuma di occasioni mancate, di possibilità, di muri che si sgretolano, di barriere che cadono e di interesse, di fiducia. Un’apertura improvvisa e salvifica che scuote Adele dal suo sonno e apre ad Henry una breccia nel cuore. All’improvviso l’eco dell’idea di una famiglia felice si affaccia su ognuno di loro, mostrando la tenerezza, la forza e l’ebrezza di essere amato, di avere una spalla cui appoggiarsi. Di non essere più solo, di poter consegnare la propria vita nelle mani di un’altra persona.
Ma ogni piccola felicità ha il suo conto da pagare. E il tarlo del dubbio, della gelosia, della paura inizia a rosicchiare dall’interno.
Fidarsi, abbandonarsi al nuovo, abbracciare l’avventura, lasciarsi tutto alle spalle. Tutto questo può spaventare e indurre nell’errore.
“Un giorno di festa” parla di occasioni perdute e della felicità, una luce accecante e caldissima che illumina e scalda da lontano, ma che da vicino brucia.
E’ quell’altalena che ogni giorno ci culla, portandoci in alto, in un’ascesa estatica e vertiginosa e, subito dopo, trascinandoci al punto di partenza, in basso, dove la banalità di ogni giorno ci schiaccia ma è anche rassicurante.
La felicità è vicina, basta allungare la mano. Ma a volte non lo si fa abbastanza e perdiamo quell’attimo benedetto e salvifico. E allora bisogna aspettare che la felicità passi nuovamente da noi, con pazienza.
E poi passa, prima o poi accade. E allora non vi saranno più dubbi, né timori. Allungheremo la mano, fino a sporgersi sul precipizio, e afferreremo quella felicità che già ci apparteneva ma che abbiamo lasciato andar via.
Joyce Maynard ci ha abituati alla bellezza delle sue trame e alla soavità della sua prosa. Bella, intima, parla sottovoce ma scava gallerie e cunicoli nella nostra memoria. Un romanzo davvero bellissimo, che parla il linguaggio della felicità e della speranza. Un libro che ci esorta a credere nel prossimo e anche in noi stessi. Che ci dice di non chiudere la porta a chiave, ma di lasciarla socchiusa, sempre. Qualcuno varcherà la soglia, prima o poi.
L’autrice
Joyce Maynard è una scrittrice e sceneggiatrice americana, giornalista per il New York Times, Vogue, O, The Oprah Magazine, e The New York Times Magazine. Ha pubblicato diciassette libri, tra cui At Home in the World, che racconta la sua relazione da giovanissima con J.D. Salinger. Il suo romanzo To Die For è diventato il celebre film Da morire, così come Labor Day, di prossima pubblicazione per NNE, è stato portato sul grande schermo da Jason Reitman.
- Casa Editrice: Enne Enne Editore
- Traduzione: Federica Merani
- Genere: narrativa straniera
- Pagine: 236
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