Torino, 21 maggio 2023
Ho incontrato Sonia Aggio al Salone del Libro di Torino. Lei, reduce dalla presentazione del suo romanzo Magnificat, eppure fresca e sorridente (e giovane, tanto tanto giovane!). Io, un paio di generazioni di vantaggio ( quel vantaggio temporale che è tuttavia un palese svantaggio quanto a freschezza e vitalità) già stremata dai ritmi esigenti del Salone, una fisarmonica di emozioni che mi lascia spesso con il fiato corto.
Sonia è una giovanissima autrice ma la sua penna appare già navigata, con quel timbro che è un soffio d’aria fresca e al tempo stesso l’eco di un gusto antico per il passato e per le vicende della sua terra, il Polesine, da sempre legata ai capricci del grande fiume che la governa.
Magnificat è la sua opera prima, un omaggio alle sue radici, alla determinazione della sua gente, gente semplice che da sempre convive con una natura capricciosa ed imprevedibile.
Sonia concede un giusto tributo alla forza e alla furia della natura, che da sempre governa la vita, premendola di credenze e di superstizioni, quelle che cercano di rabbonirne gli umori e indovinarne gli intenti più reconditi.
E lo fa con la storia di due ragazze, che crescono insieme finché un evento misterioso non le divide per sempre.

In Magnificat ho colto molto forte il richiamo e la potenza della natura, imprevedibile, capricciosa e imperativa. Come anche una forte allusione al sacrificio, inteso come obolo da versare per rabbonirla. Come vedi il rapporto tra l’uomo e le forze naturali?
Si tratta indubbiamente di un rapporto non paritario. La Natura è più forte, imprevedibile, ma molto spesso questo suo aspetto viene dimenticato o sottostimato dagli esseri umani. Anche senza scomodare le manifestazioni più intense della Natura, come i terremoti o le eruzioni vulcaniche, mi sembra che nella nostra società sia sempre più rara la capacità di interpretare la Natura e i suoi fenomeni. In Magnificat ho dato voce a personaggi che non hanno perso questa capacità, e che per questo hanno un rapporto intenso e simmetrico con il mondo che li circonda.
Descrivi il fiume, in questo caso il Po, come una sorta di divinità malevola, che concede all’uomo ma che soprattutto toglie. Cosa ti trasmette il fiume, la pioggia, l’acqua?
In realtà, nel romanzo il fiume è divino, ma non malevolo – la sua potenza e il suo fascino stanno proprio nel suo essere indifferente alle emozioni e alle volontà umane. Si tratta inoltre di un elemento legato alla Storia, un palcoscenico e un attore che ha attraversato epoche diverse. Ho sempre trovato molto affascinante questa dimensione “eterna”, così come trovo consolante sapere che il fiume è esistito ed esiste a prescindere da noi.
Hai indirettamente vissuto, dai racconti della tua famiglia, l’alluvione del 51?
In realtà no, perché la parte materna della mia famiglia si è trasferita in Polesine nel 1954, all’indomani dell’alluvione, mentre i nonni paterni se ne sono andati prima che potessi ascoltare le loro testimonianze.
Cosa rappresentano Norma e Nilde?
Nilde e Norma rappresentano semplicemente due caratteri molto diversi, che però trovano il modo di incastrarsi e di restare vicine nonostante i difetti reciproci. Fino all’incidente in bicicletta, che scatena il conflitto tra loro, una personalità esplosiva come quella di Norma convive agevolmente con quella delicata e sensibile di Nilde.
C’è una storia della tua infanzia o una credenza che ti ha ispirato?
Sicuramente la leggenda legata alla Madonna della Vigna, che infatti è un elemento importante del libro. Sono stata influenzata poi da casi di cronaca, spesso molto tragici, legati all’annegamento di donne e bambini in Polesine. Ne ho sentito parlare da bambina, e questo ha lasciato un segno importante.
Gli avvenimenti tragici di questi giorni sembrano ribadire con forza che la natura tiene salde le redini del destino dell’uomo. C’è un parallelismo con la storia che racconti?
Nel mio romanzo non c’è alcun insegnamento, perché credo che la narrativa non sia il mezzo adatto a questo scopo. Magnificat non è una cautionary tale. Semplicemente racconto un evento eccezionale – e qui mi preme sottolineare l’aggettivo. Ciò a cui stiamo assistendo in queste settimane, invece, rischia di diventare una terribile consuetudine. Le somiglianze tra le alluvioni della Romagna e l’alluvione del 1951 non devono nascondere dietro il velo della “calamità” gli urgenti interventi di prevenzione che possiamo e dobbiamo attuare.
Il romanzo

È il 1951. In un piccolo casolare nella campagna del Polesine, dove i temporali ingoiano all’improvviso i cieli luminosi e il granturco cresce alto e impenetrabile, vivono Norma e Nilde, due cugine cresciute come se fossero sorelle dopo che un bombardamento durante la guerra ha ucciso le loro madri.
Nilde è una ragazza riservata e timorosa di tutto e la sua ansia aumenta quando Norma inizia a comportarsi in maniera strana. Da quando è caduta dalla bicicletta mentre raccoglieva le ciliegie, sua cugina non sembra più la stessa: scompare senza motivo ogni volta che scoppia un temporale, è scontrosa, non le parla, impedendole persino di avvicinarsi. Nilde prova a seguirla nei campi, ascolta le voci che circolano in paese, ma non riesce a capire perché la sua Norma, il suo punto di riferimento nella vita, bella come la Madonna del Magnificat che le loro madri tanto veneravano, le stia facendo questo.
Cosa spinge Norma ad allontanarsi da Nilde e a fuggire come una bestia selvatica al primo rombo di tuono? Cos’è successo quel pomeriggio lungo l’argine del fiume? Perché tra di loro quell’abisso improvviso di silenzi e bugie?
Il legame indissolubile che lega le due protagoniste verrà messo a dura prova da inquietanti apparizioni e inspiegabili fughe in una storia perturbante fatta di assenze e di mistero. Sullo sfondo, una terra magnetica, insidiosa come il fiume che la attraversa: quel Po che la rende fertile ma che talvolta la travolge per riprendersi tutto.
Un libro intenso e visionario in grado di scandagliare i segreti della natura e dell’animo umano. L’esordio straordinario di una giovanissima autrice.
L’autrice

Sonia Aggio è nata a Rovigo nel 1995, è laureata in Storia e lavora come bibliotecaria. I suoi scritti sono stati segnalati più volte dalle giurie di premi importanti come il Premio Calvino e il Premio Campiello Giovani. Tra il 2018 e il 2020 ha collaborato con il lit-blog «Il Rifugio dell’Ircocervo» e, nel tempo, ha pubblicato diversi racconti su «Lahar Magazine», «L’Irrequieto», «Narrandom» e «Altri Animali». Magnificat è il suo primo romanzo.
Ringrazio molto Sonia Aggio per l’intervista, il sorriso e la disponibilità.
Ringrazio la casa editrice Fazi Editore per la bella opportunità.
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