STORIA DI UNA SCOMPARSA di F. Piccinni e C. Gazzanni


Interrogatorio dopo interrogatorio, era come se non ci fosse più distinzione tra apparenza e essere; tutto si fondeva secondo un senso arcaico e a tratti misterico. La famiglia, in questo piccolo mondo antico, diventava centrale. Ormai era chiaro come la comunità, costruita su segreti inconfessabili, si fosse erta a custode e prigione della sorte di Mauro

Trama

Salento. 21 giugno 1977. Un bambino di sei anni sta giocando di fronte alla casa dei nonni. Si chiama Mauro Romano, ha capelli biondi e lisci, gli occhi scuri. Ha una cicatrice sull’occhio sinistro, e una bruciatura sulla mano destra. Non si allontana mai di casa, eppure quel pomeriggio d’estate di 44 anni fa scompare. Si perde nel nulla, fagocitato fra la polvere e il mare. Per quarant’anni i genitori di Mauro lo cercano ovunque. Fino a ritrovare, un giorno di primavera, sulla copertina di un giornale di cronaca rosa la fotografia di un uomo abbracciato a una nota showgirl. È un emiro arabo, figlio di uno degli uomini più ricchi e potenti di tutto il pianeta.

Eppure, per i coniugi Romano quell’uomo ha qualcosa di famigliare. E ha anche una cicatrice sull’occhio sinistro, e una bruciatura sulla mano destra… E se fosse lui?

A metà fra l’inchiesta e il romanzo, Storia di una scomparsa è il racconto esclusivo, inedito, rocambolesco e avvincente di una vicenda incredibile e unica: il rapimento più lungo del mondo.


Recensione

La storia delle persone scomparse è scritta in luoghi che non possiamo raggiungere, ma solo immaginare. Sono storie di mancanze, di verità non dette. Misteriose, occulte, segrete e nascoste, riposano nell’anima di chi si è perso.

Perdersi e dimenticare. Oppure perdersi e sparire per sempre. Per chi rimane non c’è solo l’enorme dolore della mancanza, ma anche quello, forse anche più insopportabile e pesante di non sapere.

Quando una persona sparisce si crea un vuoto che non si riesce a colmare. Il dolore, la pena per la sua sorte, l’angoscia di non riuscire a riappropriarsi della vita di prima sono macigni. E il graffio più tagliente, la ferita più profonda è quella di trovarsi davanti ad un muro di gomma, che non fa passare l’urlo di dolore di chi rimane.

“Storia di una scomparsa” è tutto questo. Ricostruito con passione certosina e amore per la verità. Con tutti i mezzi, senza risparmiarsi, Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni passano al setaccio 44 anni di alterne vicende, che hanno visto più e più volte accendersi la fiamma della speranza, per poi ritrovarsi nuovamente a brancolare nel buio.

E’ la storia di Mauro, un bimbo di 6 anni, vivace, testardo e intelligente. E’ la storia della sua famiglia, gente che vive del proprio lavoro e che non si è sottratta all’esperienza della migrazione pur di garantire un futuro migliore ai propri figli. Mamma Bianca, papà Natale. Una vita vissuta per la famiglia, senza altra distrazione a riempire le loro giornate.

Ma è anche la storia di una comunità, stretta tra gli artigli di quella omertà “che ti fa campare cent’anni” e l’occhio lungo della Sacra Corona Unita. E nella piccola comunità di  Racale c’è un’altra comunità, quella dei Testimoni di Geova, a cui appartengono anche i genitori del piccolo Mauro. Un ambiente con regole stringenti, spesso al limite del lecito.

La storia di Mauro è una storia tutta italiana, che si insinua in un periodo in cui i rapimenti di minori a scopo di estorsione sono frequenti. All’epoca non esiste un impianto normativo che detti le regole da seguire nei casi di scomparsa. Le tecniche investigative sono arretrate e omissioni o leggerezze da parte degli inquirenti non destano troppo scalpore. Del resto, quando si tratta di povera gente, gente comune che non riscuote l’interesse dell’opinione pubblica,  ci si può aspettare che dopo i primi clamori, il caso sia  dimenticato.

Il caso della scomparsa di Mauro Romano non fa eccezione. Vi saranno ritardi, leggerezze, omertà, silenzio. Anche da parte della famiglia, inizialmente, ci saranno remore e dubbi, dettati dalle regole della loro religione. Se non fosse per mamma Bianca, che lotta ogni giorno per scoprire la verità su suo figlio, probabilmente Mauro sarebbe stato presto dimenticato.

Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni confezionano un reportage millimetrico e fedele di ciò che accadde quel giorno di inizio estate del 1977 e di tutto ciò che è venuto dopo quel tragico evento. Hanno ascoltato testimoni, letto dossier, scavato a fondo nel materiale che hanno cercato e trovato, nel rispetto della verità.

Hanno dato voce e speranza a Bianca e scoperchiato vasi scomodi. Dato luce alla forza che nasce dalla disperazione e dal rifiuto di una realtà inaccettabile.

Il risultato è un libro che risucchia il lettore dentro alle sue pagine, vergate con sollecitudine e con grande coraggio. I toni mutuati dal giornalismo e la sensibilità di chi ha fatto della scrittura il proprio mestiere regalano un’esperienza di lettura che non lascia scampo e che dà onore alla cronaca toccando con grande delicatezza e sensibilità le corde dei sentimenti.

“Storia di una scomparsa” è un romanzo dentro alla cronaca. E’ reportage sulla recente storia italiana ed è amore materno e speranza che lenisce le ferite più profonde inferte al nostro Paese.

Leggendo ci imbattiamo anche in altri “scomparsi”, le cui storie hanno falcidiato l’Italia. Sono tanti, spesso mai ritrovati e altre volte morti, di inaudite violenze e coercizioni. Un modo per ricordare chi ci ha abbandonato  senza lasciare traccia.

Del resto la storia degli “scomparsi” ha dei numeri impressionanti. E, sebbene i motivi di una scomparsa siano cambiati nel tempo, rimane, dentro ad eventi simili, un senso di incompiuto che è cosmico.

Dunque, è fondamentale scrivere regole, comportamenti, leggi. Ma è addirittura necessario accendere i riflettori non solo su chi si è perso, ma anche su chi cerca.

L’opera finisce senza chiudersi del tutto. Rimane il silenzio a suggellare la mancanza che niente potrà dissolvere, né dimenticare.


Gli autori

Flavia Piccinni (Taranto, 1986) ha pubblicato tre romanzi e un saggio sulla ’ndrangheta. È coordinatrice editoriale della casa editrice Atlantide, collabora con diversi giornali ed è parte della redazione di Nuovi Argomenti. Autrice per Rai1 e Radio3 Rai, è stata insignita del Premio Marco Rossi per l’impegno civile. Con il libro Bellissime (Fandango Libri, 2017) è stata vincitrice di numerosi premi fra cui il Premio Benedetto Croce; ne è stato tratto un documentario disponibile su Netflix e un audiolibro per Amazon Audible.

Carmine Gazzanni (Isernia,  1989), giornalista, autore televisivo per Rai1 e inviato per Rai2. Le sue inchieste hanno dato origine a numerose interrogazioni e denunce parlamentari. Scrive per molti giornali come La Notizia, Panorama e Left. Ha vinto numerosi premi, fra cui il Premio giornalistico Maurizio Rampino e il Premio giornalistico Pietro Di Donato.

Insieme, i due autori, hanno pubblicato sempre per Fandango, nel 2018, Nella Setta (Premio Mattarella Giornalismo e Premio Giornalismo Investigativo  Europeo), che ha dato adito a due proposte di legge, a svariate interrogazioni parlamentari e a un’inchiesta della Squadra Anti-Sette.

Nel 2020 hanno scritto Sarah. La ragazza di Avetrano, che diventerà una serie fiction per Groenlandia e una serie doc per Sky.


  • Casa Editrice: Fandango Libri
  • Genere: reportage
  • Pagine: 264

X di Valentina Mira



Aspetto che quella stupida seppia che è la notte m’inchiostri gli occhi e soprattutto li inchiostri agli altri, a quelli che non devono vedere.

Trama

X è un romanzo e una lettera.

Valentina scrive al fratello con cui non parla da anni per raccontargli quello che ne è stato di lei e soprattutto quello che non ha avuto il coraggio di dirgli in passato.

Torna all’estate del 2010, l’estate della sua maturità. C’è una festa, alcol e nelle casse la musica degli ZetaZeroAlfa, band di riferimento di CasaPound. La musica l’ha messa G., amico di tutti lì, anche di Valentina, ottimo studente della scuola cattolica nonostante la celtica al collo (è pur sempre una croce, del resto, e in quell’ambiente non è grave quanto un orecchino indossato da un ragazzo).

G. quella notte diventa uno stupratore. Uno stupratore normale in un quartiere normale di un paese normale: nessun mostro, nessuna martire, nessun livido, solo un po’ di sangue sul letto. Valentina non lo denuncerà mai.

Esattamente come il novanta per cento delle donne che sono state violentate, quel danno resta taciuto per anni. Con un’unica eccezione, un solo confidente, suo fratello che tuttavia non le crede. Al contrario, si allontana da lei e rimane amico di G., lo stupratore.

Dopo quasi dieci anni Valentina decide di riprendersi la propria storia, di spezzare l’omertà e ribaltare la vergogna, dalla violentata al violentatore, restituendola a lui. È questo che ci racconta Valentina Mira in X: il tabù e lo stigma che accompagnano lo stupro, la violenza che porta a sentire il proprio corpo come estraneo.

La necessità di una reazione. Scrive un canto di Natale per il fratello che non le ha creduto, lo porta indietro con sé in quella festa di molti anni prima, e poi nel presente in cui nulla funziona perché la violenza è sistemica e non una sfortunata eccezione, infine in un futuro che vede nel diritto a difendersi e ad aggredire l’unica via.

Un romanzo di una forza e di una franchezza senza precedenti in cui la potenza letteraria e di racconto lascia disarmati.


Recensione

Il tabù, il rimosso. La croce sulla mappa dei pirati, la voglia di dissotterrare segreti.

Due strade che si incrociano.  Una farfalla. Una croce. Una incognita. Tutto questo è ciò che una X rappresenta. Un segno. Che ingloba in sé la consapevolezza di poter dire no.

X è un romanzo. Una storia, una confessione, un grido di aiuto. Un racconto, senza filtri. Una lettura che rompe qualcosa dentro, perché leggere di un dolore che non passa è un esercizio di resistenza e di coraggio.

Dire cosa sia questo romanzo non è facile, anche se per certi versi lo è: la storia di uno stupro. La volontà precisa di raccontare, di confessare, di puntare il dito. Di scuotersi di dosso il senso di colpa.

Ma circoscrivere tutta la forza di questo libro nel perimetro scarno di una confessione non è corretto.

Valentina Mira non racconta tanto per raccontare. Scrive, confessa, urla e si oppone al luogo comune che insegue e insudicia lo stupro, riducendolo ad una conseguenza di un comportamento errato e fuorviante.

Quello della donna,  che in qualche maniera ha provocato lo stupro. Con il suo sorriso, con l’ingenuità, con un abito, con un comportamento libero e accogliente, che viene frainteso dall’uomo.

Lo stupro di X non è scenografico. Niente minacce, niente coltelli. Niente botte. Nessuna violenza, tranne quella di entrare a forza in un corpo che ti respinge. Entrare senza chiedere. Entrare perché ormai si è ad un punto di non ritorno. Entrare, perché no? Entrare, non lo vuoi anche tu?

Un gesto, cieco e ottuso, che viene dipinto come inevitabile. Un gesto che è anche una punizione, per chi ha permesso all’uomo di fraintendere. Per colpa tua ho forzato il tuo corpo. Se tu non avessi sorriso, se tu non mi avessi baciato, io non avrei affondato la parte più ottusa di me dentro di te. E’ anche colpa tua, che lo hai permesso. Che lo hai reso possibile. Che hai creato aspettative e circostanze. E dopo che lo hai fatto, come puoi lamentartene? Come puoi incolparmi? Tu mi hai provocato. Cosa dovevo fare io?

Se tu non avessi fatto. Se tu non avessi detto. Se non avessi messo quella gonna. Se tu non avessi bevuto. Se, se, se. Se, come secoli di sottomissione della donna a questa crudele regola. Secoli di rassegnazione. Secoli di donne-streghe, da bruciare sul rogo.

Valentina Mira racconta di un prima e di un dopo, lasciando poche righe per descrivere lo stupro che ha subito a diciannove anni. Un gesto che non merita neanche il diritto di cronaca.

Valentina racconta di un travaglio che dura anni. Anni in cui convivere con il ricordo di un’offesa, di un male che non si è stati capaci di evitare.

Un male che si accosta sempre più vicino alla vergogna. Una vergogna che impone il silenzio. Che non si confessa, perché in fin dei conti non conviene. Parlare di uno stupro segna un confine nella vittima, dopo il quale niente sarà più come prima.

Valentina si chiude in se stessa e non sa riemergere dalla palude, che la inghiottisce giorno dopo giorno.

Valentina sconterà il rifiuto del cibo, l’offesa al suo stesso corpo, l’apatia e lo svilimento di se stessa.

Quando rinascerà lo farà senza quasi accorgersene. La rinascita accadrà, figlia di un gesto liberatorio e di una consapevolezza di sé che finalmente arriverà a lenire le sue ferite.

Questo libro serve per farci aprire gli occhi. Per farci sentire parte di un insieme. Per combattere il senso di colpa che segue sempre un abuso. Per farci tornare a guardarci allo specchio.

Parlare di uno stupro non è mai eccessivo. Parole così non sono mai troppe. Certo, sono parole a volte difficili da leggere. E anche da scrivere.

Ma è necessario farlo ed interiorizzarle, che a mettere la testa sotto la sabbia lo hanno già fatto in troppi. Ora è l’ora di guardarci in faccia. E’ l’ora di guarire. E’ l’ora di denunciare. E’ l’ora di capire che la colpa non è nostra. Come è necessario chiamare le cose con il loro nome.

Stupro, quando qualcuno assoggetta il nostro corpo al suo sordo e spietato piacere.

Stupratore, chi offende e svilisce il nostro corpo, usando la prepotenza per aprirvi una ferita. Che non smette mai di sanguinare.


L’autrice

Valentina Mira (Roma 1991) è laureata in Giurisprudenza. Ha fatto la rider, lavorato al call center e come cameriera mentre scriveva per vari giornali e siti, tra cui il manifesto e il Corriere della Sera. Tra 2017 e 2018 ha curato la pagina culturale del Romanista. X è il suo primo libro.


  • Casa Editrice: Famdango Libri
  • Genere: narrativa italiana
  • Pagine: 192