
Perchè cos’è la scrittura se non un modo per distrarre il proprio sé da ciò che è essenziale: la vita, la morte.
Trama
Michaela e Gerard, originari di Cambridge, nel Massachusetts, si stabiliscono a Santa Tierra, nel New Mexico, un mondo diverso, con paesaggi bellissimi e inquietanti. Gerard ha ottenuto
un’importante borsa di studio per le sue ricerche e Michaela l’ha seguito senza esitare, come ha sempre fatto fin dal momento in cui l’ha conosciuto. Quando Gerard viene colpito da una misteriosa malattia che inizialmente viene mal diagnosticata, le loro vite vengono sconvolte. A trentasette anni, Michaela deve affrontare la terrificante prospettiva del rimanere vedova e di perdere l’amato marito e compagno, la cui influenza è stata fondamentale nella sua formazione e nel plasmare la sua identità.
Michaela si prende disperatamente cura di Gerard nei suoi ultimi giorni, rendendosi però conto che l’amore per suo marito, per quanto feroce e disinteressato, non è abbastanza per salvarlo e che la morte va oltre la sua comprensione. Il lutto provoca un vero e proprio sdoppiamento in Michaela, con il suo alter ego disposto a tutto pur di ricongiungersi al marito, desideroso di seguirlo fino alla fine.
Con un racconto vivido, doloroso e sentito, che mescola sogno e realtà, Joyce Carol Oates descrive la traiettoria di sofferenza di chi resta ed è costretto a resistere alla perdita e a combattere per ritrovare il proprio posto nel mondo.
Recensione
Ancora mi chiedo quale penna possa essere stata capace di riempire oltre 400 pagine sul tema della malattia, della morte, del lutto. E quale autore sia capace di lanciarsi consapevolmente in una simile maratona letteraria. A descrivere l’agonia di chi amiamo, consumarsi inesorabilmente sotto i colpi della malattia, nell’attesa della morte che cerchiamo di allontanare con tutte le nostre forze ma che sappiamo essere inevitabile. A scandagliare i sentimenti, le paure di chi rimane a guardare. Uno spettacolo orribile e crudele con un finale già scritto che ci spaventa fino al midollo. Che ci annienta. Che non possiamo, non sappiamo accettare. E che ci travolge completamente, lasciandoci deliranti, ottenebrati, instupiditi, abbrutiti nel corpo e nella mente.
400 pagine che scavano su temi che sembrano così essenziali, così difficili da sviscerare, così ostili e così ostici. Senza lasciare niente indietro. Niente di inespresso. Niente di sottointeso.
Joyce Carol Oates offre al mondo una lezione di composizione su un argomento inenarrabile come la malattia e la morte. Un’opera rotonda, crudele, difficile da leggere e al tempo stesso meravigliosamente scritta, profonda, illuminante, democratica, omnicomprensiva.
La morte attrae, come una calamita. La morte ha una sconfinata capacità di farci immedesimare negli attori che la stanno recitando. Ed infatti una volta aperto, questo libro non ti lascia più andare. Semina una nebbia obliante, sparge il seme del lutto, ovunque. L’odore della morte, l’oppressione della fine imminente, l’orrore di quell’ultimo respiro che ha in sé l’eco terrificante della vita che cessa di essere. Il corpo che muore. E la ricerca affannosa dell’anima. Di qualcosa che sopravviva alla morte corporale.
“Respira” in realtà è un imperativo. Respira, così non morrai. Respira, e non mi lascerai sola. Respira, sconfiggi la morte. Non posso vivere senza di te, respira. Non farmi questo torto, respira. Respira, non morire. Respira, continua a farlo per sempre. Trova un nuovo ritmo, e il tuo respiro sarà l’aria che muove la mia vita. Ossigeno che nutre la mia esistenza, che sarebbe perduta senza di te.
“Respira” è la storia di Michaela, che affronta la malattia del marito Gerard, un uomo che considera il suo solo punto di riferimento.
La malatta giunge repentinamente a deviare il corso della vita di Gerard, che in poche settimane si indebolisce e diviene preda dei farmaci, sempre più perduto nelle nebbie degli oppiacei che rendono sopportabile il dolore. Una brutta copia di se stesso che perde ogni giorno memoria di sé.
Michaela è impreparata ad affrontare il calvario della malattia ma sa che la morte presto prenderà Gerard con sé. Michaela teme per Gerard, ma teme anche per se stessa, consapevole che non potrà vivere senza il marito. La sua è una sconfitta annunciata. La sua preghiera è tanto accorata quanto inefficace contro il male che attanaglia Gerard e che lo stordisce e lo allontana sempre più dalla vita.
Michaela è succube del vertiginoso declino della salute di Gerard. E quando l’inevitabile accade precipita in una spirale sempre più stretta. La sua vita perde il baricentro e sbanda pericolosamente, attratta dall’idea di seguire Gerard, in una sorte di ottusa forma di fedeltà assoluta al matrimonio e alla sua condizione di moglie. Voler morire. E al tempo stesso aggrapparsi all’idea che Gerard sia da qualche parte, che possa vederla, finanche toccarla.
La discesa nella follia di Michala sembra inevitabile. Eppure la vita sa riprendere i propri spazi.
“Respira” è un’opera mastodontica sulla morte e sul lutto, scritta con una mano lucida e impietosa, che riesce a toccare tutti i punti più sensibili che la morte lascia scoperti su di noi.
La paura di non poter affrontare un evento che è inevitabile. Il dolore folle di lasciare chi amiamo ma anche l’egoismo insensato di dover fare a meno di chi abbiamo da sempre al nostro fianco. Una sorta di tradimento, che la coppia si fa a vicenda: chi muore tradisce andandosene prima del tempo. Chi resta tradisce non morendo, rimanendo in vita.
Jyoce Carol Oates dimostra, una volta di più l’inesauribilità della sua vena narrante. Una penna illuminata, infallibile, che trova da dire su qualsiasi argomento, anche il più complesso. Che scandaglia da ogni angolatura possibile, dando voce a tutto lo spettro di sentimenti che questo scatena in noi. Martellante senza essere insistente. Impietosa senza essere inopportuna. Forte, cruciale, una lama affilata che però è tenera e conciliante, e trova il modo di perdonare l’uomo e le sue aberrazioni.
Un romanzo non semplice da leggere. Ma una indubbia fonte di riflessione sul fine vita, sulla perdita e sul significato della nostra esistenza.
L’autrice
Joyce Carol Oates ha ricevuto numerosi importanti riconoscimenti, tra i quali ricordiamo: la National Medal of Humanities, il National Book Critics Circle Ivan Sandrof Lifetime Achievement Award, il National Book Award e il PEN/Malamud Award for Excellence in Short Fiction. Autrice enormemente prolifica, ha scritto alcune delle opere più significative del nostro tempo. Per La nave di Teseo ha pubblicato Ho fatto la spia (2020), Pericoli di un viaggio nel tempo (2021), La notte, il sonno, la morte, e le stelle (2021), L’altra te (2022) e le nuove edizioni di Una brava ragazza (2020), La figlia dello straniero (2020), Blonde (2021) e Sorella, mio unico amore (2022). Ha insegnato alla Princeton University ed è membro dell’American Academy of Arts and Letters dal 1978.
- Casa Editrice: La Nave di Teseo
- Collana: Oceani
- Traduzione: Carlo Prosperi
- Genere: narrativa straniera
- Pagine: 423
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