ZUCCHERO BRUCIATO di Avni Doshi

Le cose cambiavano in continuazione e il mio valore dipendeva dalle mie attrattive fisiche, che sarebbero scomparse, come era accaduto a lei.
Avevo la netta sensazione che provasse piacere del dirmi quelle cose, nel sapere che avrei sofferto quanto lei; si consolava al pensiero che il dolore non sarebbe finito, non mi avrebbe risparmiato.
Quando ripenso a quei giorni mi chiedo se mi abbia mai visto come una bambina da proteggere. O mi ha sempre visto come una rivale, o peggio, una nemica?
Gli anni dell’adolescenza sono stati quelli in cui sono arrivata più vicino all’odiarla. Fantasticavo spesso che non fosse mai nata, anche se sapevo che ciò avrebbe spazzato via anche me; capivo benissimo quanto fosse profondo il nostro legame, e che distruggere lei avrebbe inevitabilmente distrutto anche me.

 


Trama

«Mentirei se dicessi di non aver mai gioito dell’infelicità di mia madre.»

Tara è sempre stata una ribelle, contro tutto e tutti. Costretta a un matrimonio di convenienza, è scappata di casa, si è presa diversi amanti, ha vissuto a lungo insieme con un guru e si è persino ridotta a fare la mendicante. In tutto ciò, sua figlia Antara, per lei, è sempre stata un peso, una valigia da portarsi appresso e poco più. Però il tempo della ribellione di Tara adesso è finito; ha quasi sessant’anni e l’Alzheimer la sta consumando, a poco a poco ma inesorabilmente: lascia il fornello acceso per tutta la notte, dimentica le incombenze quotidiane, si ostina a telefonare ad amici morti da tempo. E non ricorda più i piccoli e grandi gesti crudeli nei confronti della figlia, che sono invece marchiati a fuoco nella memoria di Antara. Eppure, nonostante tutto, Antara si sente in dovere di occuparsi di quella madre che non si è mai presa cura di lei. E così, mentre la convivenza forzata la induce a ripercorrere le pagine più dolorose del suo passato, cerca di sbrogliare la matassa di tradimenti, riconciliazioni e rotture, e di sciogliere una volta per tutte il nodo di quel legame che ha forgiato il suo cammino, ma che adesso rischia di soffocarla. Con una prosa lucida e affilata come la lama di un rasoio, Avni Doshi scava tra le pieghe di quel rapporto unico che lega una madre e una figlia, mettendone in luce la complessità e le contraddizioni, ma anche tutta la forza e l’amore che lo contraddistingue.


Recensione

Una confessione, ma anche il bisogno di psicoanalizzare le dinamiche perverse di un rapporto personale assai complesso. La ricerca di una colpa, che deve esserci. Che serve a sollevare un animo, quello di Antara, compromesso dalla pesantezza dei ricordi. Colpevolizzare, recriminare, assolvere. Odiare, perché l’odio è la forma più pura dell’amore negato. Crescere, affrancarsi da un’infanzia ingrata. Scendere a patti con le rotture, i tradimenti, lo strazio di essere invisibile agli occhi chi di dovrebbe proteggerci. E perdonare, senza dimenticare. Perdersi, senza mai ritrovarsi. Ammalarsi, senza mai guarire.

Non ricordo un romanzo che mi abbia fatto pensare così dolorosamente alle ferite che una madre può infliggere, più o meno consapevolmente,  alla propria figlia. La somma di alcune mancanze e la sottrazione di attenzione, di amore, di considerazione. La matematica, certo, non viene in aiuto nel determinare quanto male serva per distruggere un legame, per distorcerlo e renderlo avariato. Eppure c’è una soglia oltre la quale l’amore diventa indifferenza e la cura un peso, un fardello da lasciare ad altri, perché insostenibile.

“Zucchero bruciato” è l’indagine accurata e senza filtri di Antara nei confronti della propria madre, Tara, il cui nome è già di per sé una sottrazione rispetto a quello della figlia. Antara viviseziona la propria storia, segnata dalla separazione dei genitori e dall’esistenza disordinata e dissoluta della madre.

Tara mostra i segni di una precoce demenza, eppure per tutto il racconto rimango con il sospetto che questo disordine mentale sia frutto della mente di Antara. Una vendetta tardiva. Il bisogno di recriminare, rivangare e condannare. E che anche Tara, da parte sua, scelga di nascondersi in questa debolezza, che pare assolverla dai suoi errori passati. Una mente che vacilla può essere il pretesto per riconciliarsi con un passato inaccettato e inaccettabile? Di fatto i medici non riscontrano evidenti anomalie mediche in Tara.

Ma il punto, ovviamente, non è questo. Anche se costituisce una parte importante di tutto il processo mentale di Antara, della genesi del suo castello accusatorio e della piega che prenderà sua vita adulta, in special modo con l’esperienza della maternità, vista come una sorta di nemesi.

Il punto è che Antara deve crescere, affrancarsi dal sentimento persecutorio che nutre verso la madre e dal senso di colpa, per ciò che pare essersi meritata.

Ma il rapporto madre-figlia è un rapporto fatto di contraddizioni. Di competizione,  di gelosie, di incomprensioni. Di aspettative  e di necessità di rispecchiarsi nella figlia. Una figlia che non tradisca i suoi ricordi di gioventù. Che realizzi i suoi desideri mancati. Che le faccia rivivere l’ebrezza della giovinezza e la vertigine della bellezza, che esplode e sfiorisce in pochissimo tempo.

Diventare adulti, in fondo, è proprio emanciparsi dalla necessità di realizzare i desideri della propria madre. Trovare se stessi, riconoscersi, affermarsi di fronte agli altri.

Un tortuoso cammino di consapevolezze che si snoda in milioni di curve, scossoni, buche, deviazioni.

Questa lettura farà venire a galla anche i nostri malesseri e non è detto che si sia pronti a guardarli in faccia. Eppure è una lettura illuminante, dilaniante, che ci farà male per certi versi e ci consolerà per altri.

Avni Doshi sicuramente riesce a infilarsi nel nostro io più profondo, distraendo i nostri ricordi e rivangando, forse, anche certi rancori che credevamo sopiti. Ma è una lettura necessaria, che lascia il segno. Come lo è la prosa di questa giovane autrice, al suo esordio, che incede senza clamori sintattici ma che è come se urlasse, stordendoci.


L’autrice

Avni Doshi è nata in New Jersey e ha studiato storia dell’arte al Barnard College di New York e alla University College London, prima di trasferirsi a Dubai. Il suo romanzo d’esordio, Zucchero bruciato, si è subito imposto all’attenzione di pubblico e critica, vincendo numerosi premi ed entrando tra i finalisti del Booker Prize. Attualmente è in corso di traduzione in 28 Paesi.


  • Casa Editrice: Editrice Nord
  • Traduzione: Francesca Martucci
  • Genere: narrativa straniera
  • Pagine: 380