
“Ho una figlia. Sei sorpresa, vero? Eri così contraria alla mia scelta di non avere figli per via della carriera. Dicevi che era una decisione di Aurelio, non mia.
Già, sono madre anch’io. E tu sei nonna. Contenta? Si chiama Ilaria, ha tredici anni, compiuti a marzo. E’ la mia vita.
E’ anche la mia morte”
Trama
Cosa succede quando non si ha più voglia di essere una madre?
Cosa può fare una donna stretta tra gli obblighi familiari e la sua vita di prima?
Michela, detta Ella, ha passato gli ultimi anni a crescere la figlia Ilaria, dedicandosi a lei in ogni momento anche a scapito del suo lavoro di medico e del rapporto con il marito Aurelio. Ella conosce tutte le manie e le ansie di Ilaria, sa quanto è brava a tennis ma anche quanto le è difficile concentrarsi a scuola. Dopo un allenamento, Ilaria si distrae guardando il cellulare, ferma in mezzo alla strada, mentre una macchina avanza veloce verso di lei. Ella non fa niente per avvisarla: rimane immobile a osservare la figlia che, salva per un soffio, se ne accorge. In quell’istante, inevitabilmente, tra loro si rompe qualcosa. Ella così inizia a sfogarsi scrivendo un diario rivolto alla propria madre, morta quindici anni prima: pagina dopo pagina, racconta delle crepe che si allargano fino a incrinare in modo irreversibile i delicati equilibri familiari, si addentra nei propri ricordi per riportare a galla vecchi e nuovi conflitti, rimpianti e sensi di colpa, per trovare infine la forza di affrontare la verità e ricominciare. Viaggio negli equilibri precari di una famiglia all’apparenza perfetta, Quello che non sai è un romanzo sulla maternità e sul timore di non essere mai all’altezza. Attraverso la storia di un distacco necessario, narrata in un crescendo di sentimenti contrastanti, l’autrice inscena il fallimento personale della protagonista cambiando continuamente prospettiva in un gioco psicologico complesso e molto appassionante.
Un libro intenso che affronta un tema tabù con grande abilità e coraggio meditando in maniera profonda sul lato oscuro che è in ognuno di noi e su quello che una donna non confesserebbe mai, neppure a se stessa.
Recensione
Perché non si è mai disposti ad accettare che una madre non sia perfetta? Perché è così difficile perdonarle un errore? Perché chi è madre deve incarnare un ideale e conformarvisi completamente? Senza ma, senza se? Senza attenuanti, senza scuse né proroghe?
Perché la madre è per definizione una figura che confina con il sacro. Perché la madre ha un piede sulla terra e l’altro in cielo, tra le nuvole, là dove tutto è perfetto, giusto, scritto.
Una madre è ciò che conosciamo di più vicino a Dio. Perché una madre dà la vita. E con il suo gesto, il più nobile, il più elevato, il più meraviglioso, si consacra e si immola sull’altare della perfezione.
E quell’altare, che la innalza e la glorifica, è tanto alto ma tanto spaventoso, perché verrà un giorno in cui la madre cadrà. E la caduta sarà rovinosa. Sarà implacabile, imperdonabile, indimenticabile. Cadrà forse per sbaglio. Per superficialità, leggerezza. O cadrà forse per scelta, perché non potrà più portare sulle sue spalle un fardello così pesante e spietato. Il fardello di essere perfetta. Di non poter sbagliare. Di non poter dire, di non poter ammettere che forse ha bisogno di una pausa. Di staccare un attimo. Di ritrovare uno spazio suo. Dove il frutto del suo seno non ci sia. Dove il frutto del suo seno dorma profondamente, sia affidato ad altri, sia altrove, sia lontano da lei.
Ecco Michela, dunque. La madre che non ha saputo essere perfetta. Quella che è caduta. Quella che non poteva che cadere.
Michela, una donna che per allinearsi tra le file delle donne-madri, per assolvere a questo compito divino, ha rinunciato a tutto. Michela ha perfino rinunciato al suo nome, perché suo marito, l’irreprensibile Aurelio, la chiama con un nomignolo, Ella.
Ella non è una madre infelice. Ma è una donna incompleta. Ha perduto il suo ruolo ed è diventata esclusivamente la madre di Ilaria, una bambina complicata, insicura. Ella si è fatta scudo a lenire le paure della figlia. A poco a poco è diventata una sua appendice. Il bersaglio di ogni suo capriccio.
Ella è la madre cattiva, mentre Aurelio è il padre buono, quello che alla sera prende solo il bello della figlia, lasciando alla moglie tutto il resto. Ella non può che constatare il suo fallimento. Come donna, come moglie, come medico, come madre. Ella che subirà il distacco, inesorabile ma anche portatore di una rinascita.
Questa è la storia.
Cosa rende questo romanzo una meravigliosa parabola sull’essere madre? La franchezza, la dolorosa ammissione che una madre a volte dice basta e vuole essere madre a modo suo. Senza dettami, costrizioni o modelli a cui fare riferimento. Senza essere giudicata se rimpiange la sua vita di prima. Prima di essersi messa in fila a ricevere il dono e ad esserne giudicata indegna. Prima, quando era solo una figlia. La figlia felice di una madre perfetta, alla quale non è riuscita ad assomigliare.
In “Quello che non sai” non c’è una sola madre imperfetta. Ce ne sono altre, con le loro fragilità che combattono come meglio possono, ma non senza soffrire o far soffrire. Ci sono madri che rimangono intrappolate in quell’infido limbo in cui si è madri ma ci si sente ancora figlie, da cullare. Un occhio al futuro, che spaventa. L’altro al passato che è un nodo alla gola che non si scioglie.
Susy Galluzzo ci regala un romanzo capace di dilaniare, di farti a brandelli. Efficace nel linguaggio, irreprensibile nella prosa, diretta, franca, disincantata. La prosa di una donna che racconta di un’altra donna, in un microcosmo che non si fa alcuna fatica ad immaginare e a rispecchiarsi.
Una donna chiusa in una morsa. E in mezzo, una voce che non si fa cruccio nell’interpretare i suoi moti interiori. Che non ha paura di mostrare i suoi sentimenti, che non teme il giudizio, alla quale non importa di essere additata. Un voce di donna, che dà voce a chi è alla gogna. E la cura, la lambisce con parole di conforto, la culla, la difende e la assolve.
Una lettura che è un diario. Pagine che trasudano la necessità di conforto ed anelano ad una assoluzione che sia plenaria, senza purgatorio. E davanti, noi lettori, che abbiamo il compito di raccogliere questa voce e di farla vibrare perché sia ascoltata.
Con una chiarezza di intenti senza pecche, con la forza dirompente di una confessione, “Quello che non sai” ci travolge in un turbinio di emozioni. Un’opera irrinunciabile. Che non lascia niente di non detto. Che non teme di dire ciò che più spaventa. Che distrugge e ricostruisce l’immagine di una donna. Quella che ci ha partorito. Quella che ci ha reso ciò che siamo. Che ci ha deluso. Che ci amato. La nostra voce. Incerta, unica. Un sussurro che inchioda e offende e chiede perdono.
L’autrice
Susy Galluzzo è nata in Calabria ma vive a Roma da molti anni. È laureata in Giurisprudenza e svolge la professione di avvocato. Ha iniziato a scrivere questo libro dopo la scomparsa della madre.
- Casa Editrice: Fazi Editore
- Collana: Le Strade
- Genere: narrativa italiana
- Pagine: 268
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