LA FORTUNA DI FINCH di Mazo de la Roche

Tuttavia non aveva motivo di preoccuparsi, perché con i Whiteoak non ci si annoiava mai. Tutti parlavano contemporaneamente, come un’aiuola di fiori che sbocciano nello stesso istante, all’apparire del sole.

Trama

La cara vecchia Adeline se n’è andata, ma il suo spettro aleggia ancora nelle stanze di Jalna e le sue parole riecheggiano nei corridoi della tenuta; la sua ultima beffa, poi, è ancora sulla bocca di tutti. Finch ne è ben consapevole: il ventunesimo compleanno si avvicina, e con esso il momento in cui avrà accesso al patrimonio della nonna. La questione è spinosa, e il ricordo dello sconcerto dei suoi familiari all’apertura del testamento lo tormenta. Ma gli zii e i fratelli, nel tentativo di superare il malanimo, gli organizzano una grande festa di compleanno, al termine della quale il ragazzo sorprende tutti proponendo a Ernest e Nicholas un viaggio a proprie spese in Inghilterra, la madrepatria dei Whiteoak, la terra in cui tutto ha avuto inizio, dove si annidano vecchi ricordi e storie leggendarie che rendono quei luoghi noti anche ai membri più giovani della famiglia. Dopo la traversata in transatlantico, i tre si godono un breve soggiorno a Londra, dove Finch assaggia la libertà e si approccia a nuove prospettive sul mondo. Ma è a casa della zia Augusta, nella campagna del Devon, che lo attende la vera sorpresa: la cugina Sarah, orfana cresciuta dalla zia, raffinata e amante della musica, dalla quale si sente subito attratto e per la quale ben presto dovrà misurarsi con un avversario. Nel frattempo, in Canada, il piccolo Wakefield scopre la sua vena poetica e i rapporti tra Renny e Alayne prendono una direzione inaspettata. Al loro ritorno, Finch e gli zii troveranno una famiglia molto cambiata.

Dopo Jalna e Il gioco della vita, ecco il terzo capitolo della saga bestseller di Mazo de la Roche, icona della letteratura canadese del primo Novecento, personaggio dalla vita misteriosa e protagonista di una battaglia editoriale con l’autrice di Via col vento, sua grande rivale nelle classifiche dell’epoca.

Recensione

Tornare a Jalna è sempre un’esperienza incantevole. Come ritrovare un vecchio amico di cui sentivamo la mancanza. Un amico capace di dare al mondo una piega più dolce, facendolo sembrare un posto meraviglioso in cui vivere.

In questo terzo capitolo, che racconta un anno esatto di vita dei Whiteoak, troveremo meno colpi di scena rispetto a Il gioco della vita. La cara Adeline Court, bisbetica matrona, attaccabrighe, irascibile, sensibile agli zuccheri e amante dei pappagalli è passata a miglior vita, sciogliendo ogni riserva relativamente alla designazione del suo erede universale. E il fato ha rotto una coppia per formarne un’altra, che sembrava invece destinata ad un amore impossibile. Renny, dal fascino volpino, aspro e mascolino, corona il suo sogno d’amore con Alayne, mentre Eden esce momentaneamente di scena.

Eppure, nello spazio di un solo anno, la famiglia Whiteoak subisce un profondo cambiamento.

E non  mi riferisco solamente allo spostamento di una bella fetta della storia da Jalna al sonnolento e verdeggiante Devon, bensì al turbamento dei delicati equilibri familiari provocati dalla improvvisa e inaspettata eredità di Finch e  dalla prolungata assenza dello stesso e degli anziani zii.

Il personaggio di Finch del resto è una figura piuttosto tormentata. Penultimo della stirpe dei Whiteouk, non possiede il fascino e la forza di Renny, né il tocco artistico di Eden. Lontano anni luce dal possedere le capacità e l’instancabilità di Piers e troppo cresciuto per suscitare la dolcezza del piccolo  Wakefield.

Finch è troppo grande per essere piccolo e troppo piccolo per essere grande. Studente mediocre, è perennemente dilaniato dall’incertezza tipica di chi stenta a trovare il proprio posto nel mondo. Finch non riesce in niente. Né nella musica, che pure ama molto. Né nello studio, che trascina senza energia né passione.

Ed ecco che l’improvvisa eredità giunge a confonderlo ancora di più. Corroso dal senso di colpa, inizierà a compiere scelte discutibili riguardo ai suoi denari, nell’indifferenza generale dei suoi parenti stretti, troppo orgogliosi per mostrarsi interessati alla destinazione di quelle somme. Come se non bastasse, il giovane è vittima dei primi turbamenti dell’amore, che finiscono per confonderlo ulteriormente. Finch è davvero lontanissimo dell’essere ciò che gli altri indomiti Whiteoak si aspettano da lui. La consapevolezza di costituire la bozza malfatta di un degno discendente di questa orgogliosa stirpe non potrà che esasperare l’inclinazione di Finch al fallimento. Indubbiamente la fortuna di Finch non potrà che essere, al contrario, una dolorosa condanna.

Nel frattempo a Jalna si insinuano dinamiche avverse, che minano la felicità di Renny e di Alayne.

Una felicità che pare fondarsi su una passione travolgente quanto effimera. Anche nel dispiegarsi di questi eventi,  Mazo de la Roche si conferma la geniale e finissima conoscitrice dell’animo umano, come abbiamo già avuto modo di constatare.

Sinceramente, l’uscita di scena di Adeline e la momentanea assenza dei vecchi zii Ernst e Nicholas, felicemente tornati a calpestare, probabilmente per l’ultima volta, il suolo inglese, guasta un po’ la verve della narrazione che, nel descrivere gli stati d’animi degli anziani Whiteouk-Court, le loro ossessive manie, i loro contorti pensieri, i loro battibecchi, le loro ipocondrie, trova i suoi acuti più esilaranti.

Inutile dire quanto ami i loro dialoghi, le loro piccole follie, le loro meschine abitudini e il capriccioso incedere della loro pigra esistenza, passata tra la sala da pranzo i loro salottini privati, con la mano indolente e grassoccia a grattare il pelo morbido dei loro animali da compagnia, altrettanto bizzarri e bisbetici dei loro padroni.

Jalna è proprio questo. Il racconto di una stirpe che spara le sua ultime cartucce, disarmata di fronte al nuovo che avanza, a dissipare mode e abitudini che  cesseranno di esistere alla dipartita di queste figure ingombranti e volitive. Una stirpe che appare immortale, che non si piega all’idea di dover uscire di scena, forte della sua superiorità genetica sulle nuove leve, alle quali il destino e il tempo che scorre sembra togliere qualcosa ad ogni passaggio generazionale.

Indolenza, capriccio e inconsapevole follia governano le pagine di questa saga. Una saga che ci fa sorridere e ci rende complici di questi amabili e pazzi personaggi, di fronte ai quali proviamo incontenibile affetto e voglia di accogliere e di perdonare.

A cadenze regolari occorre davvero tornare a respirare l’aria di Jalna. Un’aria ricca di ossigeno, che ci rinfranca e  induce buonumore. Jalna, con i suoi vividi personaggi, così ottimamente descritti nei più intimi particolari che ci sembra di conoscerli da sempre.

Jalna,  una casa e i suoi abitanti che non si fanno dimenticare facilmente.

E dopo che abbiamo letto l’ultima pagina, si torna immediatamente ad aspettare il seguito. A presto, amabili Whiteoak!

  • Casa Editrice: Fazi Editore
  • Collana: Le Strade
  • Traduzione: Sabina Terziani
  • Pagine: 456