
Trama
Dopo trentacinque anni di vita claustrale nel Monastero di Suor Orsola Benincasa, le monache dell’Ordine delle Trentatré si vedono costrette a rompere il giuramento e a far ritorno nel mondo a causa di un provvedimento dello Stato che determina la requisizione dei beni ecclesiastici.Siamo a Napoli e Suor Giovanna della Croce, appena sessantenne, si ritrova spogliata della vita monacale, costretta a soggiornare a casa della sorella e a sopravvivere con una misera pensione passatale dal Governo che la porterà a cercare dei piccoli impieghi, nonostante l’età avanzata, per poter tirare avanti. In questo romanzo, però, non viene solo narrata la storia di Suor Giovanna della Croce, ma la storia di una Napoli povera e di uno Stato che non si preoccupa affatto delle donne sole. In queste pagine vengono tratteggiate le vite di diverse figure femminili: un’adultera scoperta dal marito, una madre impazzita dopo aver dato alla luce il primogenito, un’altra che, invece, si sfianca ogni santo giorno per poter dare al figlio la possibilità di studiare medicina e, infine, una giovane ragazza la quale, nonostante non abbia nulla a che fare con l’Ordine Ecclesiastico, vive una vita da reclusa a causa del fidanzato troppo geloso e violento ma che non vuole assolutamente lasciare, convincendosi che “Il maltrattamento è prova di bene” anziché rischiare di tornare a vivere per strada. Quella della Serao è una narrazione capace di entrare nel cuore di chi legge attraverso una scrittura che possiamo per certi versi definire verista. Il clou del romanzo, però, lo si trova nell’ultimo capitolo dove il contrasto tra povertà e alta società viene maggiormente evidenziato e dove vediamo la nostra protagonista ridotta, ormai, a essere l’ombra di se stessa in attesa di una morte che potrà finalmente liberarla da tutto il male di questo malato mondo.
Recensione
Un classico della letteratura italiana di fine ottocento torna a vivere nuova vita grazie alla casa editrice 13Lab, non nuova a esperimenti del genere. Stavolta è la volta di un’autrice napoletana, che in vita non lesinò di esaltare la sua napoletanità e che osò affondare la sua penna nel vivo della società del tempo, evidenziandone le aberrazioni e le ingiustizie.
Il romanzo è la storia di una suora appartenente all’ordine delle Sepolte Vive, che, insieme alla consorelle, si trova a dover abbandonare il convento dopo moltissimi anni di clausura, a causa dell’esproprio dei beni ecclesiastici a favore dell’autorità temporale. La Serao ne descrive le disavventure, i tormenti, il senso di straniamento che segue il ritorno forzato in società dopo molti anni trascorsi nella totale devozione religiosa e nella solitudine. Sola, senza mezzi, costretta ad elemosinare un posto per vivere presso la sorella che in gioventù le rubò l’amore della vita. Senza più un motivo per vivere, strappata alle sue abitudini e al conforto dei riti dettati dalla religione.
Suor Giovanna della Croce incarna il destino di tutte le donne di quel tempo, private della loro identità e spogliate di ogni diritto se non hanno una fede la dito. E con lei la Serao introduce altre derelitte, donne di facili costumi, donne maltrattate, senza un tetto sulla testa, pazze o presunte tali. Ne esce il desolante quadro di una società incapace di difendere i più deboli, che ghettizza chi è povero e che lo spinge ai margini della decenza e della moralità. Ed ecco che la forza morale, la fede e la resilienza tipica del mondo femminile prende il sopravvento. Suor Giovanna della Croce non si abbatte, si rimbocca le maniche e svolge i lavori più umili, diventando un esempio di operosità e di spirito di adattamento. Ma nonostante ciò, ella soccomberà alla sua sorte, che vedrà prima il taglio della piccola pensione che le spetta e dopo, l’incedere inesorabile del’età, che la renderà inabile al lavoro.
Una parabola discendente, che segna il destino della suora senza che possa opporvisi. Una storia senza repliche, né speranza, neanche quella legata ad una giustizia divina, che sembra latitare, insieme al diritto all’assistenza e alla dignità. Una destino che accomuna Suo Giovanna ad una schiera multicolore e variegata di derelitti, di dimenticati e di senza speranza.
Triste a dirsi, ma certe cose non cambiano mai e ancora oggi il tema dell’inclusione e della pari dignità di ogni essere umano pare latitare. Una storia antica ma attualissima, che riesce a infilarsi nei meandri della mente umana, privata di un appiglio per vivere una vita dignitosa e autosufficiente. Una lettura scorrevole, appassionante ma anche dolorosa. La prosa di Matilde Serao non fa sconti, va dritta al punto e non teme mai di toccare argomenti scabrosi e scomodi. E mentre denuncia un sistema disumano riesce al contempo a elevare al quadrato la sensibilità e l’indagine psicologica sui personaggi, colpiti malamente dal pugno umiliante dell’ingiustizia sociale, alla quale si ribellano, contro la quale lottano nonostante siano consapevoli che le fauci fameliche della società si abbatteranno su di loro, dilaniando le loro carni, scoperte e fragili.
L’autrice
Matilde Serao nasce a Patrasso, in Grecia, il 7 marzo del 1856 e muore a Napoli nel 1927, l’anno dopo essere stata candidata al Premio Nobel per la letteratura. Scrittrice di prestigio, tra le più prolifiche di sempre della letteratura italiana, con oltre settanta opere al suo attivo, è passata alla storia anche per essere stata la prima donna italiana a fondare e dirigere un giornale.
- Casa Editrice: 13Lab
- Genere: classico
- Pagine: 252
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