IN CERCA DI JANE di Heather Marshall

Se ho imparato qualcosa da questa storia, è che non bisogna avere segreti. Vanno in cancrena come ferite, e una volta che il danno è fatto ci mettono ancora di più a guarire. E’ un danno permanente, e invalidante, e di certo non voglio questo, per te.


16 aprile 2023

Proprio in questi giorni, mentre l’Italia si trova a parlare del neonato lasciato nella culla della vita di un ospedale di Milano, io leggevo questo bel romanzo, trovandomi, non a caso, a navigare dentro quel mare sconfinato e a volte insidioso che è il tema della maternità.

Un tema di cui non mi stanco mai, perché tanto c’è da dire. Molte sono le sue facce. Alcune vivaci e levigate, altre spigolose, ingannatrici, subdole. Facce che fanno discutere, che provocano fratture e spargono a volte dolore e incomprensione.

La donna e la maternità non sono mai argomenti compenetranti. Donne si è per nascita, madri si è per scelta. E non basta, naturalmente. Tra l’essere madre e il non esserlo c’è un mare infinito di situazioni, di possibilità. C’è felicità e c’è dolore. C’è il graffio del rimpianto e il balsamo della speranza. E la voce di chiunque voglia giudicare. Una donna attira sempre uno sguardo su di sé, e non sempre benevolo, sia che sia madre, sia che non lo sia. E non c’è una ricetta, uno schema collaudato. Per chi giudica ma anche per noi stesse. Costrette a filtrare la nostra vita attraverso il fine setaccio delle nostre scelte. Subìte o costruite che siano.

Il corpo della donna è un campo minato. L’occhio del ciclone di molti desideri, anche discordanti.

Ma deve essere chiaro come il sole che è la donna che deve decidere per il proprio corpo. Decidere se dare alla luce oppure no, Esercitare un diritto, attraverso l’aborto. Ma anche attraverso la vita e l’accoglienza insita in una adozione. O attraverso il gesto estremo di rinuncia, quando una madre si fa da parte per donare al figlio un’opportunità, come ha fatto la mamma del piccolo di Milano, il giorno di Pasqua.

Nessuno osi giudicare una madre. Quella che lo è ma non avrebbe voluto. Quella che decide di non esserlo. Quella che vorrebbe ma non può. Quella che decide di abortire e quella che ricorre all’adozione. Quella che si arrende e quella che lotta. Nessuno si erga a giudice.

Ecco, se il tema vi sta a cuore ( e come può non essere così?) prendete in considerazione la lettura di questo romanzo. Perché tra questa pagine vi ritroverete. Perché qui dentro c’è un pezzo di tutte noi, uno spicchio di vita, un desiderio, un timore o un sogno infranto.

L’autrice tesse le fila di una trama coinvolgente ed estremamente verosimile. Al centro di tutto c’è una dottoressa che aiuta le donne in difficoltà ad abortire, mettendo la sua stessa vita a repentaglio. Per anni, attraverso una fitta rete clandestina, le donne potranno esercitare un sacrosanto diritto a salvaguardia del loro corpo, attraverso la pretesa di disporre di esso senza che un giudice o un macellaio imponga la sua voce. Fino a quando questo diritto sarà legge.

Una battaglia che dura decenni, mentre altrove un neonato viene strappato dal seno della propria madre nubile e dato forzatamente in adozione. Mentre una donna lotta per diventare madre ricorrendo alla fecondazione assistita. Mentre una ragazza scopre di essere stata adottata e cerca le proprie origini.

Come questi destini potranno incontrarsi lo scoprirete leggendo. Attraverso un’esperienza piena, toccante ed emozionante, ognuna di queste donne vi lascerà qualcosa. E vi farà riflettere sull’estrema difficoltà di essere donne, oggi come ieri, in una società che da sempre pretende di sapere cosa è meglio per noi. Cosa dobbiamo desiderare, come dobbiamo vivere. In quale modo farci accettare e come tacitare le voci che urlano istruzioni e dogmi nella nostra testa, senza curarsi delle nostre aspirazioni e dei nostri sentimenti.


Trama

La vita di Nancy Mitchell è costruita interamente su un segreto, anche se lei ancora non lo sa. Un segreto che comincia a Toronto, nell’ottobre del 1960. È un giorno con il cielo pieno di nuvole quello in cui Evelyn Taylor arriva, scortata dal padre, dinanzi ai maestosi cancelli del St. Agnes. Non sa che i mesi che trascorrerà lì, aspettando il suo bambino senza padre tra gli sguardi ostili delle suore, cambieranno il suo destino. Quel bambino, Evelyn lo terrà tra le braccia solo un attimo, e poi le sarà portato via per sempre. Ma quell’attimo significherà tutto. Dieci anni dopo, nella Toronto degli anni Settanta, una dottoressa si dedica ad aiutare giovani donne ad abortire. Non è sola: con lei c’è un’intera rete clandestina di infermiere e ginecologhe a disposizione di chi ha bisogno di loro. Una rete che ha un nome in codice: Jane. Se sei disperata e non sai cosa fare, chiedi di JanePrima o poi la troverai.Molti anni dopo, la vita di Nancy Mitchell viene ribaltata dalle fondamenta: una lettera recapitata con sette anni di ritardo arriva infine, per vie del tutto inusuali, a destinazione, sconvolgendo ogni sua certezza. E permettendole di ritrovare, forse, qualcuno che pensava di aver perduto per sempre. Bestseller a sorpresa che ha commosso i lettori canadesi, e che sarà presto tradotto in tutto il mondo, ispirato a eventi realmente accaduti, In cerca di Jane intreccia meravigliosamente le vite di tre donne, raccontandone in realtà molte di più, mentre i segreti e le speranze che ogni vita nasconde vengono pian piano portati alla luce.

L’autrice

Canadese, ha lavorato diversi anni nella comunicazione prima di concentrarsi sulla sua vera passione, la scrittura. Il suo esordio, In cerca di Jane, in corso di traduzione in quindici paesi, appena uscito si è posizionato al primo posto assoluto delle classifiche canadesi, rimanendo in vetta per diciassette settimane e diventando un vero e proprio caso editoriale.


  • Casa Editrice: Piemme
  • Traduzione: Annalisa Carena
  • Genere: narrativa straniera
  • Pagine: 400
  • Prezzo: E 20,00

IL CONSOLO di Orsola Severini

Esiste tutto un mondo intorno all’aborto terapeutico di cui non ho mai sentito parlare, donne disperate che cercano in ogni modo di capire nei forum cosa stia succedendo ai loro bambini, come effettuare l’intervento, che cercando informazioni pratiche su come e dove abortire perché nelle loro regioni l’aborto, anche terapeutico, è diventato praticamente inaccessibile, devono mettersi in viaggio nella speranza che sia possibile effettuarlo altrove.

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Non so come si possa sopravvivere ad una simile esperienza, eppure queste donne vanno avanti, nella condanna di chi le giudica senza avere la minima idea di quello di cui stanno parlando. Tra le periodiche dichiarazioni del papa di turno e di un prete qualsiasi, da parte di questi uomini, di questi maschi, che hanno deciso di uscire dalla società, di rinunciare alla vita familiare, che non hanno e mai avranno figli, che vivono in una sedicente castità e che paragonano le donne come me ai criminali nazisti. Persone che si permettono di giudicare scelte rispetto alle quali non ci sarà mai alcun confronto, un po’ come la vecchia che dava “a tutti il consiglio giusto” descritta in “Bocca di rosa”.

Trama

Orsola ha trentaquattro anni, due figli piccoli, una bella casa ai Parioli, un lavoro part-time per stare dietro alla famiglia, un grosso cane e una vita apparentemente perfetta.

Nonostante una ferrea educazione femminista e comunista, la sua realizzazione maggiore è essere madre, lo ha sognato sin da quando era bambina e le sono piaciute talmente tanto le sue due gravidanze precedenti da aver convinto il marito a lanciarsi in una terza.

Solo che, alla prima ecografia dopo le fatidiche dodici settimane, qualcosa si spezza: la traslucenza nucale del feto mette in rilievo una forte anomalia, tanto grave da dare come possibili esiti un aborto nei mesi successivi o una morte dopo la nascita.

Quello di Orsola, se mai dovesse nascere, non sarà mai un bambino con una vita normale. Da questo momento per lei e il marito Marco inizia il calvario di chi in Italia sia costretto o voglia abortire, tra obiettori di coscienza, strutture inadatte, la mancanza totale di supporto e informazioni.

In un paese in cui abortire è ancora una colpa che neanche il privilegio può lavare, Orsola affronta il lutto della propria imminente perdita ricordando il padre, morto da poco, medico calabrese comunista eccentrico e solidale, la cui mancanza nelle dolorose settimane di avvicinamento all’aborto è ancora più evidente.

Il consólo – ovvero l’offerta di cibo alla famiglia del defunto – è qui sia quello della famiglia calabrese dopo il funerale del padre, sia quello di chi attraverso la scrittura cerca di rimettere insieme i pezzi di una vita che si è smontata e su cui pesa lo stigma di una società cattolica e giudicante.

Una storia vera, una denuncia potentissima a sanità e società italiana, che condannano le donne a rimanere sole di fronte a una scelta, comunque, dolorosa e irreversibile.


Recensione

Quando si sceglie di non dare alla luce. Quando si sceglie la via che aggira il dolore di una malattia. Quando si interrompe scientemente il flusso cieco e roboante che porta alla vita. La vita che è sacra, inviolabile. Un mantra che ci viene ripetuto da che siamo nate, un tam tam incessante, costante, ipnotico.

Un mantra che non deve essere infranto. Se lo fai, se torni indietro, a cancellare, a resettare, avrai peccato e sarai giudicata.

Orsola è una donna che si è realizzata a pieno solo con la maternità. La sua vita, che tende pericolosamente alla perfezione, è un esempio di buon senso, di felicità, di unione. Lei stessa è un esempio vivente, che comunica verso l’esterno la possibilità di far coesistere, dentro la stessa donna, la madre amorevole, la donna in carriera, la compagna seducente e bella.

Quando il bel quadro si incrina Orsola stenta a credere che tutta quella sventura, che sembra addirittura impossibile, si possa essere concentrata sulla sua famiglia, investendola in pieno.

Orsola, incinta di poche settimane alla sua terza gravidanza, scopre che il suo bambino è gravemente malato. Rischia di non nascere, o di morire poco dopo il parto. Bisogna decidere. Decidere per il meglio.

Ma le nostre decisioni sono tarli che ci mordono da dentro. Le nostre certezze, la consapevolezza di fare una scelta dettata esclusivamente dall’amore, si sgretolano malamente di fronte alle difficoltà di effettuare un aborto terapeutico, nonostante sia un diritto sancito dalla legge. E di fronte al giudizio degli altri, che condanna chi sceglie di abortire, davanti alle complicate dinamiche della sanità pubblica, che mette i bastoni fra le ruote e ostenta freddezza e scortesia, Orsola si sente perduta, giudicata, condannata.

La sua è un’odissea che la sbatte violentemente verso un muro di indifferenza. Nessuna parola di conforto, nessun gesto di solidarietà, neanche da parte delle altre donne. Eppure sta soffrendo enormemente per la sua perdita. Eppure ha amato, ama i suoi due figli più di ogni altra cosa. Eppure è un’ottima madre. Una donna che rinuncerebbe a tutto per i suoi bambini.

Il consolo, che al sud è il cibo che viene portato alla famiglia che ha subito un lutto, assume, in questo romanzo-verità, il sapore amaro di chi affida alla scrittura le proprie lacrime e la propria voce. Perché un lutto c’è ed è quello per un bambino che non è nato ma che è esistito. Ed è quello della sua mamma, lasciata sola a decidere, perduta nel suo dolore, isolata nel tentativo di risollevarsi, di trovare il modo per andare avanti, per alzare lo sguardo oltre quello di chi pretende di giudicare.

Il consolo è anche un memoir amarissimo di una donna che affronta da sola le spire dell’aborto terapeutico, persa nei meandri tortuosi di una sanità che si lascia contaminare da retaggi antichi, frutto di credenze religiose che affondano le loro radici nella sacralità della vita, a tutti i costi. In un paese dove l’aborto è legale da oltre quarant’anni, la colpa sopravvive indisturbata e cuce addosso un etichetta che non si stacca.

Il consolo è anche una denuncia, contro una sanità corrotta e un sistema che premia l’obiettore di coscienza rispetto a chi sceglie di praticare l’aborto. Ma è anche e soprattutto un romanzo d’amore. Verso la vita, verso il futuro, verso la speranza.

Orsola Severini costruisce un romanzo così forte e potente da lasciare senza fiato. La sua prosa è un tripudio di sensazioni, che non temono di essere eccessive ma, al contrario, irrompono dentro al lettore per scuotere la sua coscienza. Un romanzo coraggioso, tenerissimo, intimo e crudo. Una storia vera, che merita di essere raccontata e uno spunto di riflessione così assordante che non può essere ignorato.

L’autrice

Orsola Severini (Roma, 1981). Figlia di madre francese e padre italiano, si è laureata in storia all’Università La Sorbona di Parigi. Ha vissuto anche in Argentina e in Perù dove è stata volontaria in un orfanotrofio femminile. Di ritorno a Roma nel 2006, ha lavorato per oltre dieci anni nella comunicazione e nell’organizzazione di eventi. Attualmente scrive di storia e cultura per il quotidiano online Globalist e lavora come insegnante di francese per stranieri. È madre di tre figli. Il consólo è il suo primo romanzo.


  • Casa Editrice: Fandango Libri
  • Genere: memoir
  • Pagine: 170