
Sai che differenza c’è tra un ricordo e un rimpianto, Boris? (…) <<Mah, che il ricordo lo vedi e il rimpianto lo senti?>>. <<Forse, dice Legasov, e beve, <<ma io ho un’altra teoria>>. <<Cioè?>>. <<Il ricordo si muove, il rimpianto no: è freddo, fermo e preme su tutto. Il ricordo lo puoi cancellare, modificare. Il rimpianto rimane, non va mai via, non si copre, non si arrende>>.
Trama
Intorno c’è solo neve. E bianco. La neve copre le cose, le case, le persone. Anzi, alle persone la neve cade dentro e il freddo le circonda ma, soprattutto, si diffonde nelle ossa, negli occhi e nei pensieri. Elia Legasov è nato in un paese circondato dal bianco, e da lì non è mai andato via. Il suo lavoro è spalare la neve, liberare strade su cui nessuno camminerà. La neve è sua amica, fino a quando non lo tradisce. Finché non fa emergere qualcosa dalle sue profondità. Qualcosa che ha a che fare con la sua famiglia e che doveva restare sepolto. Da quel momento, nella mente di Elia si affollano ricordi che aveva soffocato. Parlano di un padre, scomparso tanti anni prima, e di una madre, partita per sempre. Sono parole dolci, gesti delicati, sorrisi sinceri. Ma anche duri come il ghiaccio. E dolorosi. Elia capisce allora che quello che si dice dei membri della sua famiglia è vero: la neve non li protegge, ma li tenta, li provoca, per vedere se sono capaci di dimenticare, perché tutti dimenticano, ma i Legasov ricordano, sempre. Ora è venuto il suo turno di ricordare. Qualunque sia il prezzo. Qualunque cosa venga a galla. Perché è nelle case che il passato nidifica. È nelle famiglie che si riproduce, nei giorni bianchi e nei giorni neri. Perché il dolore crea l’inverno. Ma ogni inverno è diverso da quello precedente e da quello successivo.
Recensione
Dimenticare o ricordare. Matteo Porru, classe 2001, fa oscillare la sua penna tra queste due estremità, tra questi due opposti, che a volte sono una scelta dell’uomo e a volte sono una necessità dettata dall’istinto di sopravvivere ad un passato che annienta.
Dimenticare o ricordare. Accogliere il passato o rifiutarlo. Se ammettiamo che ognuno è frutto di ciò che è stato, di ciò che è sedimentato, strato dopo strato, sulla propria coscienza, allora dimenticare è negare se stessi concedendoci il privilegio di nascere e rinascere infinite volte. E ricordare è portare il peso del passato sulle spalle. Peso o esperienza. In ogni caso qualcosa di immutabile che va digerito e interiorizzato.
La neve è ciò che copre e nasconde. Se vivi nell’estremo nord del mondo, lo sai bene. In quel nulla, fatto di accecante candore, dentro ad una vita schiacciata dalla ripetizione degli eventi e dall’inclemenza degli elementi, la neve cade per nascondere tutto. E si dimentica, nell’intento di provare a sopravvivere. Se stessi, il proprio vuoto, le solitudini che si inerpicano dentro ai cuori, inaridendoli, l’ambiente inospitale in cui persino il cielo cade, certi giorni.
Ma Elia Legasov non può dimenticare. Lui spala la neve, nelle strade desolate di Jievnibirsk.
Toglie uno strato, e un altro. Toglie, elimina e ricorda. Una missione che da sempre investe la sua famiglia. La sua vita è scandita dal “bestione”, che lui guida ogni giorno. E’ solo ormai e gli rimangono solo un paio di amici, anche loro accerchiati dagli urli della solitudine. Vivi senza sapere cosa farsene di una vita che si srotola sempre uguale, chiusa nel riserbo del gelo e dell’inverno artico.
Ma un giorno arriva un gruppo di forestieri. Cercano il petrolio. Si scava e si scopre un corpo sotterrato nella neve.
Lo spettro del passato è inarrestabile. La sua voce scuote la comunità. Spinge per uscire allo scoperto. Cadono le cateratte che tengono fermi i ricordi. Il fragore è assordante. Ciò che rivelerà cambierà ogni cosa per sempre.
Il romanzo di Porru ha echi profondi, che risuonano sulla coltre innevata. Porru descrive un inferno sulla terra che non serba pietà per nessuno. Un luogo che sembra esistere solo per annientare. Un luogo in cui l’uomo è solo con se stesso, a combattere con il presente che schiaccia e i fantasmi che premono per uscire allo scoperto ma sono ibernati sotto lo strato di ghiaccio perenne.
Ma anche in un deserto di bianco gelido e sferzante l’uomo costruisce la sua esistenza sulle scorta della sua storia personale. Impara dall’esperienza, cerca il calore di un abbraccio, tesse una ragnatela di sfuggenti relazioni. Dimentica ma è costretto a ricordare. I segreti che tengono insieme i brandelli di una famiglia e il ricordo indelebile di una pugnalata, che sanguina ancora.
Sono i recessi della coscienza umana quelli che Porro indaga, con una lucida analisi e un disincanto che non ci si aspetta da un ragazzo di poco più di vent’anni. Il resto è una storia vecchia di secoli. Quella che si appoggia sulle scelte dell’uomo riguardo al suo passato: ricordare o dimenticare.
L’ambiente avverso contribuisce a corroborare l’idea di un’esistenza tirata al limite, dove ogni elemento gioca per appesantire lo scorrere del tempo e per far risuonare le grida del passato, indimenticabile ma anche foriero di inaspettati risvolti. Quelli che non si sono conosciuti per scelta e forse era meglio conoscere.
L’autore
A soli diciotto anni, Matteo Porru ha vinto il premio Campiello Giovani. Per la stampa è uno dei venticinque under-25 più promettenti al mondo. Ora arriva in libreria con un romanzo sospeso nel tempo e nello spazio che parla di legami familiari, rimpianti e vissuti indelebili. Un romanzo che ci ricorda che siamo tutti fatti di carne e neve.
- Casa editrice: Garzanti
- Genere: narrativa
- Pagine: 159
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