SE BRUCIASSE LA CITTA’ di Massimiliano Smeriglio

E’ una fissa che mi torna nel cervello spesso. Per  cui se fai parte di una famiglia di poveracci sfigati è complicato veninne fuori in maniera pulita. O comunque la fatica da fare sarà molta di più di uno che viene da una famiglia tranquilla, felice. Se vieni dalla borgata mica è la stessa cosa che se vivi al centro della città. Ma manco pe’ niente. (…). E non è solo una questione di soldi, non so come dire, è pure una questione de volesse bene, di abbracci, di persone con cui parlare. Per dire la famiglia di Hamid mica so’ ricchi, però non c’è partita con la mia, parlano, ridono, piangono, insomma si vogliono bene. Da me sembra il museo delle cere squagliate.

Trama

È il 2014, una banda di adolescenti inizia la conquista della propria borgata, frammento urbano che corre al lato di una consolare, ben oltre il GRA, tra discariche, capannoni abbandonati, gabbiani e la smisurata bellezza della campagna romana, il loro West. Marco ha vent’anni, la sua vita è divisa tra la famiglia, la banda, il quartiere e il sogno di un riscatto che sembra lontanissimo. La svolta per i ragazzi sembra finalmente arrivare quando scoprono come sfruttare l’economia delle piattaforme per i propri interessi, finendo al centro della lotta tra gruppi rivali per la supremazia nel quartiere. Ed è proprio nello stesso quartiere che torna Roberto, zio di Marco, uscito di prigione dopo una rapina finita male vent’anni prima e intenzionato a scoprire la verità sui vecchi compagni e sulle vicende che l’hanno portato al carcere. Ma Roma non è la stessa della gioventù, i rapporti sono sconvolti e lo scontro generazionale sembra inevitabile. La strada per il riscatto è difficile e angusta e il passato torna a stravolgere i sogni per il futuro.


Recensione

Un romanzo duro, contemporaneo, quasi crudele. Un romanzo che parla di periferie, di miseria, di predestinazione. Di istinti, quelli buoni ma anche quelli cattivi, filtrati in modo approssimativo da una dimensione del tutto personale.

Un romanzo che parla di appartenenza ma anche di riscatto. Di voglia di essere parte di un tutt’uno, di coralità, della forza dirompente del gruppo, che fa la forza in un ambiente sociale degradato e privo di attenzione da parte delle istituzioni.

Siamo a Roma, in borgata. La storia si snoda su due piani temporali. C’è la storia di Roberto, che si svolge nel 1994 e la storia di Marco, che è più recente di venti anni.  L’ambiente in cui si svolgono le vicende lascia ben poco alla speranza. Si nasce poveri, senza credere in un futuro che sia magnanimo. Marchiati a fuoco da una vita che nasce e cresce senza possibilità di svolta. Senza appoggio della famiglia, presa anch’essa nella morsa della rassegnazione, senza l’aspirazione a migliorare la propria condizione. Come una forza centrifuga, il destino ti acchiappa e ti stordisce nella sua morsa. Potrai solo arrancare, accomodarti nei pertugi del destino, tra ignoranza, piccola delinquenza e stenti di vario genere.

Nella desolazione che è ormai un dato di fatto, un gruppo di ragazzi cerca la propria dimensione, mentre un uomo adulto deve venire a patti con il suo passato. Nessuno di loro ha dalla sua armi efficaci. Solo un istinto, fortissimo e primordiale. Quello di sopravvivere, di aggrapparsi all’amore, all’amicizia con mani tuttavia deboli, sfiancate da falsi valori e dalle logiche aberranti della sopravvivenza.

Eppure qualcosa accade. Unisce l’uomo ai ragazzi, e fa intravedere loro uno spiraglio cui aggrapparsi, per trovare una dimensione vivibile. Ma come ogni scossa che irrompe sulla superficie, ci saranno diverse fratture da ricomporre. E ci vorrà forza, coraggio, coesione e voglia di cambiare.

Roma li guarda incurante, senza scuotersi, senza gridare aiuto. In un Far West in cui tutto è permesso i protagonisti muovono i loro primi passi verso la consapevolezza e l’autodeterminazione, utilizzando attitudini quasi sconosciute e perfino spaventose per chi vi si abbandona. Lasciare la confort zone è sempre difficile, come dice Marco nel primo capitolo del romanzo. Eppure a volte è necessario, perché “se non c’hai più  voglia di pisciare in alto, se non vuoi più menare per primo per menare due volte, allora diserta, scappa e non voltarti, neanche per salutare chi resta”.

Una storia difficile e crudele, raccontata con un linguaggio da borgata, strascicato, asciutto ma anche pieno di primordiale saggezza, quella che nasce da dentro, che nessuno ti ha insegnato ma che sgorga come una sorta di difesa contro un mondo che non ti vuole e che non ti appartiene. Una storia e la denuncia di un uomo contro l’indifferenza e il degrado di chi preferisce chiudere gli occhi anziché spalancarli di fronte all’abisso.


L’autore

Massimiliano Smeriglio (1966) è professore universitario e politico, attualmente è europarlamentare al Parlamento Europeo. Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo, Garbatella combat zone (Voland), ottenendo le prime attenzioni di critica e di pubblico. Due anni dopo esce Suk Ovest, banditi a Roma (Fazi Editore), finalista al premio Scerbanenco 2012. Nel 2017, pubblica per Fazi Editore Per quieto vivere. Ha pubblicato saggi sul rapporto tra politica, istituzioni e società.


  • Casa Editrice: Giulio Perrone Editore
  • Collana: Fiamme
  • Genere: narrativa
  • Pagine: 287