
Viviamo in una simulazione, mi dissi mentre il tram si fermava a un isolato dal mio appartamento, ma sembrava così lontano… be’, così lontano dalla realtà, non mi veniva parola migliore. Non riuscivo a convincermene. Non ci credevo. C’era una pioggia programmata da lì a – diedi un’occhiata all’orologio – due minuti. Scesi dal tram e mi misi a camminare molto lentamente, di proposito. Avevo sempre amato la pioggia e il fatto di sapere che non veniva dalle nuvole non me la faceva amare di meno.
Trama
Nel 1912 Edwin St. John St. Andrew è un ragazzo di diciotto anni, che sente il peso dell’appartenenza alla nobiltà inglese. Dopo un dissidio con la sua famiglia, attraversa l’Atlantico, per giungere sino in Canada. Qui, incantato dalla bellezza della natura selvaggia, si inoltra in una foresta e, all’improvviso, sente le note di un violino e cade in uno stato di trance. È un’esperienza che lo sconvolge nel profondo e che cambierà per sempre la sua vita.
Nel 2203, una famosa scrittrice di nome Olive Llewellyn è in tour per presentare il suo libro. Sta viaggiando per tutto il pianeta, ma la sua casa è la Colonia Due lunare nei pressi del Mare della Tranquillità, un luogo di pietra bianca, di torri, guglie e di una inquietante bellezza artificiale. Nel suo romanzo più noto c’è una strana scena: un uomo suona il violino nel corridoio di un terminal aeroportuale, mentre gli alberi di una foresta si ergono intorno a lui.
Nel 2403, Gaspery-Jacques Roberts è un detective dell’Istituto del Tempo di Città Notturna, così, successivamente, è stata ribattezzata la Colonia Due. Viene assunto per indagare su un’anomalia spaziotemporale, sul caso di alcune vite sconvolte da una strana apparizione, tra cui quelle di Edwin St. John St. Andrew e Olive Llewellyn.
Emily St. John Mandel dimostra ancora una volta il suo straordinario talento letterario, la sua impetuosa capacità di affabulazione, giocando con le epoche, sfidando le leggi della fisica e raccontando una storia incredibilmente umana, commovente, che rimarrà a lungo nel cuore dei lettori.
Recensione
L’esistenza. Una goccia che in un attimo sfuma sul vetro, mentre piove. Ma anche una fitta, contorta, pullulante foresta. Alberi che svettano nel cielo, viottoli che si inerpicano sui fianchi delle colline, solitari, interminabili, dalla traiettoria sconosciuta. Un brivido di eccitazione e un rivolo di sudore sulla schiena.
La vita è un attimo ed è interminabile. Un attimo, un’eternità. Importantissimo per chi lo vive. E del tutto iniquo per chi la sta a guardare, una vita che appare in tutto e per tutto simile ad altre inutili vite.
Le vite di cui parla Mare della tranquillità appartengono ad individui comuni. Ciò che è eccezionale, inusitato, splendido è l’interconnessione che l’autrice suggerisce tra esistenze appartenenti ad epoche diverse.
L’idea del tempo come un formicaio. Epoche che si srotolano godendo del beneficio della contestualità. Come se solo un debole diaframma dividesse i diversi momenti della storia dell’umanità. E come se, aprendo quel diaframma, potessimo saltare da un secolo all’altro, andando avanti e indietro nella linea del tempo, che mai come in quest’ultima opera di Emily St. John Mandel appare artificiosa. Un’invenzione perniciosa. Un espediente per indurci a pensare a noi stessi come al frutto di un determinato momento, che perderebbe significato se dovessimo isolarlo dall’epoca della nostra vita.
E se davvero il tempo non esistesse, allora non esisterebbe nemmeno la nostra vita. La nostra vita potrebbe essere irreale, fittizia. Nient’altro che una simulazione.
Ad un certo punto il diaframma si rompe e lo sguardo vaga altrove nel tempo. Un’anomalia, che però è sufficiente all’Istituto del Tempo, nell’anno 2403, per indagare. Per scoprire perché nello stesso momento più esistenze appartenenti a tempi diversi si siano potute incontrare.
Un’indagine che può svolgersi solamente attraverso un viaggio nel tempo. A patto che nessuno ne alteri la linea. Perché niente è più pesante e insopportabile di sapere cosa accadrà nel futuro alle persone che abbiamo davanti.
Ed ecco che la genialità e la disarmante poetica dell’autrice ci sovrasta e ci schiaccia. Perché la sua penna è un incanto subdolo e affabulatore. Rovescia i nostri concetti. Distrugge le nostre certezze. Le leggi che regolano il mondo visibile, i nostri schemi mentali, sono inaspettatamente defraudati della loro veridicità. E ci confondiamo, mentre la nostra mente vaga nell’etere, passa velocissima sulla riga del tempo. Assiste ad avvenimenti impossibili e si lascia sedurre da idee eversive, allucinanti, pericolose. E se la nostra vita fosse una simulazione?
Di fatto già da molti decenni la vita si è spostata sulla Luna. Il mare della tranquillità ha accolto la prima colonia. Poi ne è venuta un’altra, che dopo un guasto si è trasformata nella città buia, dove la notte dura a lungo e rende tutto molto irreale. La Terra è lontana, ma si raggiunge in poche ore a bordo di roboanti aeronavi. Dall’alto la Terra è ancora una dea ipnotica e sensualissima. Un’ascesa nel verde e nel blu, che diventa indaco quando si lascia l’atmosfera e si entra nello spazio, nero e insondabile. La vita sulla Luna è artificiale e creata per ingannare l’uomo. L’uomo si lascia ingannare facilmente quando ne va della sua sopravvivenza.
Una simulazione nella simulazione, dunque. Ma pur sempre una vita, preziosa, unica e imprigionata in una capsula del tempo. Se non fosse per quell’anomalia che sembra volerci dire che in fondo siamo tutti legati a doppio filo, attaccati allo stesso cordone ombelicale. Uniti dalla stessa ferocia e dalla stessa pietà.
Mare della tranquillità è un romanzo che incanta e che distrugge. E’ uno spiraglio sul possibile futuro dell’uomo e uno spoiler coraggioso e terribile sul destino delle regole fondamentali della fisica, quelle che ci vogliono prigionieri del tempo e dello spazio e che ci tengono attaccati alla vita, da trascorrere dentro una parentesi delimitata da un inizio e una fine.
Mare della tranquillità è la scoperta di altri insondabili mondi. E un viaggio dentro l’uomo, le sue paure, i suoi limiti, la sua insopprimibile voglia di riparare, correggere, consolare, guarire.
Ed è l’estasi di una scrittura che dona le ali. Che ci innalza sopra il mondo conosciuto, che ci apre gli occhi. Che ci dona coraggio e ci lascia a vagare nella palude del dubbio e dell’oblio.
L’autrice
=4Emily St. John Mandel è autrice di cinque romanzi tra cui Stazione undici, finalista al National Book Award, al PEN/Faulkner Award e da cui è stata tratta una serie televisiva, e L’hotel di cristallo (La nave di Teseo 2021) tradotto in ventitré lingue, selezionato da Barack Obama come uno dei suoi libri preferiti del 2020 e candidato a numerosi premi. Vive a New York.
- Casa Editrice: La Nave di Teseo
- Traduzione: Elena Malanga
- Collana: Oceani
- Genere: narrativa straniera
- Pagine: 253
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