TUTTI I NOSTRI SEGRETI di Fatma Aydemir



Il silenzio gli ronza nelle orecchie come una sirena minacciosa, come un allarme antincendio, come il fragore di un carro armato in transito. Hakan conosce questo silenzio. Nella sua famiglia non si discute mai animatamente. Nella sua famiglia ci si affronta così: con occhiate eloquenti e sguardi negati, con mille cose che non vengono mai espresse e di conseguenza rendono l’aria ancora più pesante, perché tutti sanno a cosa si riferisce il non detto e contro chi è rivolto. Il silenzio è l’arma di sua madre, così com’era l’arma di suo padre. Il silenzio, ora Hakan se ne rende conto, è la colonna sonora della sua infanzia. Forse è per questo che a un certo punto si è rifugiato nei beats martellanti di un Larry Smith, proprio per questo, forse, trovava tanta forza nelle rime schiette di un Rakim. Magari Peri ha ragione, tutta questa roba ha a che vedere con il passato di Hüseyin, con un vissuto di cui non è mai riuscito a parlare. Dev’essere successo qualcosa. Qualcosa di così terribile che non ci sono parole per descriverlo. E ora che Hüseyin li ha lasciati all’improvviso, si ritrovano lì seduti, abbandonati con la sua unica eredità. Il silenzio.


La vita non è un rewind. Storia di una famiglia e dei suoi silenzi dentro la macchina perversa dell’immigrazione.

Il tema dell’emigrazione è sicuramente pregnante, in questo romanzo. L’essere ancorato alle proprie radici mentre il mondo le disconosce, le banalizza, ne mistifica il valore, ritenendole sbagliate. Essere stranieri in un paese che non ti vuole, Ma anche quello del tempo che scorre a velocità esponenziale lasciando indietro le generazioni silenti, strette tra le spire dell’obbedienza. Uomini votati al dio della virilità. Donne dedite alla cura degli altri, al sacrificio di sé.

Fatma Aydemir, immigrata tedesca di terza generazione, di famiglia turco-curda, ne è voce auterevole, avendo vissuto sulla propria pelle le dinamiche perverse dell’integrazione nella Germania degli anni 90, un decennio cruciale e difficile per i migranti. Il suo romanzo ripercorre la storia di una famiglia curdo-turca a partire dagli anni 70 fino al 1999. Huseyn, il padre, approda in Germania per fuggire la miseria del villaggio in cui vive. Solo 8 anni dopo Emine, la giovane moglie e figli piccoli lo raggiungono. E’ una integrazione quasi impossibile, che Emine vive con indifferenza, chiusa tra le mura di casa, uscendone solo per fare la spesa, camminando di fretta, occhi a terra. Huseyn lavora incessantemente. allo scopo di dare un futuro ai suoi figli. Entrambi sono consapevoli di trovarsi ai margini della società. Vivono a scartamento ridotto, subendo le angherie di una società che non li vuole.

Dopo trent’anni Huseyn va in pensione e corona il sogno di un appartamento suo a Instambul, la patria ritrovata, nella quale egli ripone la sua vita intera. La ricompensa, la fuga da un passato che ha sempre voluto dimenticare. Ma la morte lo coglie ancora prima che Emine e i figli possano raggiungerlo. Una morte inattesa, che scardina un equilibrio precario. La famiglia di Huseyn si regge sopra ad un segreto, innominabile. Tenuto con cura, perché sono proprio i segreti che uniscono, nel tentativo di proteggere chi non potrebbe sopportare la verità. Un segreto è una storia che viene rimossa per vivere in pace. E’ ciò che tiene unita una famiglia ad un tavolo, insieme al silenzio. Il non detto. che è l’unica eredità di Huseyn.

Tutto, in questo romanzo, rimanda ad un senso di irrisolto. Tutto ciò che viene detto, o fatto, proviene da un anacronistico senso del dovere. Principi che ormai non contano più niente, specie adesso che la famiglia è in Germania, una terra senza cuore, che ha regalato solitudine invece che una nuova vita. Ferite sempre nuove, e sempre gli stessi ricordi che ritornano, un circolo vizioso che ha imposto di resistere, perché la scelta di trasferirsi continui ad avere senso compiuto.

Tutto rimanda alle dinamiche dell’integrazione, desiderata ma anche avversa, nel continuo strappo tra tradizione e emancipazione, quella che investe completamente Sedva, la figlia maggiore di Husyen e di Emine. Quella che spaventa e che rifiuta Emine. L’emancipazione femminile è l’altro grande tema del romanzo. Un tema doloroso, che investe la famiglia come un treno in corsa. Quella che non si può comprendere, che sfalda ogni certezza, che distrugge alla base i capisaldi della propria esistenza.

Sedva è l’agnello sacrificale. Sedva, che non viene mandata a scuola. Sedva che raggiunge la famiglia in Germania solo dopo molti anni, l’ultimo tassello mancante, dopo che ha sofferto l’abbandono della sua famiglia. Giunta in Germania non si rende conto subito dell’aria avversa che circonda la sua famiglia e tutti gli immigrati in genere. Lei è un’anima errante, senza un posto per se stessa. Non può che piegarsi ad un matrimonio frettoloso, che finirà presto. Dal quale fuggirà senza avere l’appoggio della madre. Sola, dovrà ricostruire la sua vita. E lo farà, diverrà una donna indipendente, con il proprio lavoro e il proprio conto in banca. Una madre attenta all’educazione dei figli, che non debbono sentirsi né essere riconosciuti come stranieri.

Tra Sedva e la madre c’è un baratro. Quando Huseyn muore non si vedono da cinque anni, Cinque anni di rancore. Per Perihan invece è stato più facile. Lei ha potuto studiare in Germania, ha fatto il liceo e l’Università. E si è ribellata alle regole di una tradizione nella quale non si riconosce. Umit, l’ultimo figlio, nato in Germania, è ormai fuori da queste dinamiche. Soffre il frastuono dell’adolescenza e ha ceduto solo il calcio al padre, che del resto ignora le sue inquietudini e le sue incertezze. Hakan, il maggiore dei figli, ha ceduto ben altro al padre. Il suo è un ruolo difficile. Essere il primo figlio maschio impone il peso delle aspettative, peso che Hakan disperde in attività al limite della legalità e nello sprezzo della vita.

Il romanzo è condotto con la seconda e la terza persona, una scelta che acuisce un senso di confidenza con i personaggi che a turno si succedono nel raccontare il loro lutto e la loro vita. Tutto ruota intorno a Huseyn e alla sua morte, alla necessità di confrontarsi con il ricordo di quel padre distante, schiacciato dal lavoro, un’ombra sfuggente sopra ad una poltrona, di sera o sul balcone di casa, con una sigaretta in mano. L’uomo che ha dato il via a tutto quel circo, che ha lavorato in fabbrica fino a sfiancarsi per giustificare quella scelta. Una scelta, poi si saprà, dettata dal bisogno di seppellire un ricordo. Un ricordo che affiora nell’ultima parola che pronuncerà prima di morire.

Con la sua morte tutto il costrutto cade. E il confronto tra Emine e Sedva chiude un capitolo per aprirne uno nuovo, fatto di consapevolezza, libertà e autodeterminazione. Sarà un confronto amaro, che possiamo astrarre dal contesto e generalizzarlo con quello, speculare, tra due generazioni di donne. La prima, che ha subito l’angheria del patriarcato e che ripercorre lo stesso errore ai danni della seconda. E sarà anche lo svelarsi di un terribile segreto e del suo epilogo. Il rimorso che non può assolvere, né trovare sollievo se la mente e il cuore non sono pronti ad accogliere. Emine accoglie sulle proprie spalle il peso dei silenzi e del bisogno di ricucire gli strappi. Una figura che ha un che di mostruoso, e che si risolve solo quando decide di aprirsi, liberando le profondità del suo io e del suo passato,

Tutti i nostri segreti è un romanzo bellissimo e doloroso. Una saga familiare segnata dalla lama tagliente dell’immigrazione, senza più una patria in cui credere e senza una guida. Allo sbando in una società che muta velocemente lasciando indietro chi sta ai margini, chiuso in una lingua che non conosce, in usi e costumi che non comprende, abbarbicato a tradizioni che ormai suonano anacronistiche e assurde. Una storia che vuole essere l’emblema della difficile integrazione di chi è straniero, dell’emancipazione femminile che fatica ad emergere e dell’affermazione dei diritti della comunità queer. Simbolo di un fallimento evidente, che ha tenuto l’immigrato prigioniero in una gabbia interiore, emblema di una fuga verso la patria che non avviene mai.

Un romanzo necessario anche a stabilire un ponte tra gli uomini in un’epoca di movimenti di popoli lungo le traiettorie di un mondo sempre più freddo e insofferente.


Il romanzo

Giunto all’età della pensione, Hüseyin ha finalmente realizzato il suo sogno: dopo trent’anni di duro lavoro nelle fabbriche tedesche, si è comprato un appartamento a Istanbul per farvi ritorno con la moglie. Mentre cammina lungo i corridoi dipinti di fresco assaporando l’idea di una vita nuova, però, ha un malore improvviso e muore pronunciando un nome: «Ciwan». Nei giorni successivi, la moglie e i quattro figli accorrono in Turchia per partecipare al funerale. C’è Ümit, adolescente frastornato da fantasie inconfessabili, che gioca a calcio per far piacere al padre; Sevda, la figlia maggiore, a cui non è stato concesso di studiare e che ha rifiutato un matrimonio combinato; Peri, la ribelle, studia all’Università di Francoforte, vive una vita trasgressiva e critica ferocemente i valori dei genitori; Hakan, il fratello maggiore, cerca di inventarsi un futuro, soffocato dalle aspettative riposte dai genitori sul primo figlio maschio; e infine Emine, la madre, taciturna e addolorata, parla con i parenti una lingua che i figli non hanno mai sentito e, insieme al marito, ha custodito il più terribile dei segreti per una vita intera. Un segreto che durante queste giornate verrà lentamente a galla, riaprendo ferite molto antiche e cambiando i destini dei quattro figli, combattuti tra il peso delle tradizioni e il desiderio di libertà.
Incluso da «Der Spiegel» nella lista dei cento libri tedeschi più importanti degli ultimi cent’anni, Tutti i nostri segreti è un grande romanzo familiare in cui dramma e ironia si fondono perfettamente: la commovente storia di una famiglia intrappolata tra passato e presente, tra una patria perduta e sempre rimpianta, e una nuova terra mai davvero sentita propria.


L’autrice

Nata nel 1986 a Karlsruhe, nell’ex Germania Ovest, da una famiglia di origine turco-curda, ha esordito nel 2017 con Ellbogen, romanzo vincitore del Klaus-Michael Kühne-Preis e del Franz-Hessel-Preis, successivamente adattato in una versione cinematografica. Nel 2019 ha curato l’antologia Eure Heimat ist unser Albtraum insieme a Hengameh Yaghoobifarah. Tutti i nostri segreti, il suo secondo romanzo, pubblicato in Germania nel 2022, ha conquistato le classifiche di vendita tedesche, ha vinto il Robert-Gernhardt-Preis e il Preis der LiteraTour Nord 2023, è stato finalista al Deutscher Buchpreis, il più importante premio letterario tedesco, ed è in fase di pubblicazione in diciassette paesi. Vive a Berlino e scrive per «The Guardian».


  • Casa Editrice: Fazi Editore
  • Traduzione: Teresa Ciuffoletti
  • Pagine: 324
  • Prezzo: E 18,50

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Pubblicato da laurasalvadori

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