TORNARE A CASA di Tom LAMONT


Guardò fuori nel cortile. Quella mattina, solitarie sferette di pioggia si erano abbattute con forza sul pavimento incatramato. Come se fosse stata scagliata dall’alto con una traiettoria rettilinea, ogni goccia aveva generato una rigida colonna di schizzi che emergeva candida contro il catrame circostante prima di collassare e consumarsi, venendo a malapena notata da Sibyl prima di scomparire, come quelle macchioline di polvere o le anomalie che baluginano sulle vecchie pellicole. In seguito la pioggia cadde più fitta. Per qualche strano effetto ottico, la pioggia non era visibile dallo studio, e le uniche testimonianze erano i rigagnoli che cominciavano a scorrere lungo i margini del cortile, il rimbombo delle grondaie, quelle effimere scintille bianche in contrasto con il catrame, piccoli asterischi che si alzavano dal pavimento e guizzavano per attirare l’attenzione, le eteree aiuole di fiori che continuavano ad apparire e svanire.


Ricostruire ciò che si è rotto. La famiglia e i legami che contano davvero.

Le relazioni umane sono un mare in continuo movimento. Un moto ondoso, che crea riccioli di schiuma e risacche pericolose. Specchi azzurri di placidità che diventano tempeste indomabili e che tornano a sonnecchiare, cullati dalla bonaccia. Un movimento perpetuo, incessante, ipnotico. Che crea e distrugge ciò che vi si cela sotto.

Il romanzo di Tom Lamont indaga le correnti sotterranee ed emerse di questo mare. In particolare i legami che si creano tra le persone nelle contingenze dell’esistenza. In tutte le circostanze, gli accadimenti e i destini che ci lambiscono o che ci investono in pieno, cambiando le traiettorie della nostra vita. Un mare che Lamont sa navigare con perizia, assecondando le correnti favorevoli e scansando le insidie, i gorghi, le sirene incantatrici.

Al centro del romanzo c’è il piccolo Joel, rimasto solo dopo che Lia, la madre, muore tragicamente. Teo, tornato a casa per fare visita all’anziano padre, è da sempre innamorato di Lia. Il giorno in cui lei muore, Teo sta facendo compagnia al figlioletto. Sembra naturale, per tutti, che Teo si prenda cura del piccolo, mentre i servizi sociali decidono cosa è meglio fare. Joel irrompe nella vita di Teo rivoluzionando tutto. Un’onda gigantesca che toglie il sonno, mette alla prova la pazienza e la resistenza di entrambi. Un vortice che disorienta tutti ma che dispensa tenerezza e amore. Un’onda lunga, che finisce per travolgere anche le persone più vicine a Teo. Il padre Vic, che trova in Joel l’estremo motivo per resistere alla morte e che rende più acuto lo stridore con il suo passato da genitore distante e con l’ombra, mai sopita, della sua infanzia difficile. Ben, l’amico di sempre, un personaggio bizzarro che nasconde la propria sensibilità sotto una coltre spessa di vizi e di difetti. E Sybil, la rabbina della piccola comunità cui tutti fanno parte, schiacciata dal bisogno di conciliare la tradizione ebraica con il compito assegnatole di rinvigorire il senso di appartenenza dei fedeli. Sybil, che perde la Fede e la ritrova nella solidità di un bisogno da curare.

Il romanzo si snoda tra la sottile tensione degli eventi, imprevedibili e dirompenti, pronti a scoperchiare segreti e nodi irrisolti sepolti nel passato e l’enorme senso di dolorosa urgenza che si crea quando una madre muore e un bambino resta solo al mondo. Un mondo che a volte sembra creato per complicare il corso naturale delle cose, il senso del giusto e del compiuto. Nell’implosione di un mondo intero i personaggi raccolgono macerie e frammenti per ricostruire un contesto accettabile e un porto sicuro per il bambino. Un lavorio incessante, fatto di sconfitte e minuscole vittorie, dove l’arbitrarietà delle emozioni e le eco imprevedibili del passato creano disegni insensati, che occorre riportare a terra saldamente. Un regno instabile, dove il caos non può essere ricondotto facilmente all’ordine. Non se l’amore, il rancore, il bisogno di crescere, il dubbio, la necessità di superare i mostri del passato si mettono da parte. Non se latitano, se hanno paura di mostrarsi, di rompere un equilibrio che si basa sul non detto e il non fatto.

La vita, le sue interazioni, il disegno caotico dei fatti, lo scatenarsi di eventi che irrompono come tessere di un domino impazzito, tutto questo coacervo di emozioni e di istinti è il mare magnum in cui il romanzo si snoda. Un spaccato di vita dove i sentimenti hanno la loro rivincita senza cedere il passo ai sentimentalismi. Dove tutto è facile anche se complicato. Dove le scelte si fanno con il cuore e sono quelle giuste. Dove l’uomo trova un senso e un motivo di vita, pur nelle avversità.

Tom Lamont ha una penna evocativa, poetica, immensamente sensibile. Capace nel raccontare la vita com’è: uno spiritello curioso e bizzarro che si diverte a vedere fin dove si può spingere senza passare il limite. Una narrazione intima, affilata, che si affida al dialogo ma che sa anche intrattenere il lettore con passaggi introspettivi, flussi di coscienza che si nutrono di una prosa spessa, avvolgente, capace di rendere il testo vivo, mediante immagini vividissime che parlano con immediatezza al lettore, rendendone chiare e morbide le intenzioni e i significati più profondi.

Lamont oscilla tra la semplicità di un parlato estremamente colloquiale e a tratti anche divertente e la profondità emotività che trasmette al lettore. Il risultato è una narrazione coinvolgente, che punta dritta al cuore, difficile da dimenticare. Sarà per questo che Tornare a casa è un piccolo manuale per amare, curare, educare. E’ un inno all’importanza dei legami tra umani, che trascendono l’idea tradizionale di famiglia, mettendo il risalto la genuinità delle relazioni basate sull’amore e sull’amicizia. Ed è la celebrazione perfetta della paternità, di quella connessione tutta maschile che a volte passa in secondo piano ma che invece è portatrice di sorpresa, meraviglia, dono.


Il romanzo

A trent’anni, con un lavoro stabile e un nuovo appartamento, Téo Erskine sente di aver finalmente preso le distanze da Enfield, il sobborgo di Londra in cui è cresciuto, e dalle pressanti richieste del padre Vic, che è sempre più bisognoso di cure. Dopo una festa con gli amici d’infanzia, però, la vita di Téo cambia d’improvviso: Lia, il suo amore mai ricambiato, si toglie la vita mentre lui è a Enfield a fare da baby-sitter a Joel, il figlio di lei. E non solo: gli assistenti sociali lo nominano tutore del bambino, almeno finché non ne venga rintracciato il padre naturale. Tra dubbi e timori, Téo non può sottrarsi alla richiesta, quindi si stabilisce a Enfield nella casa del padre e inizia a prendersi cura del piccolo, coinvolgendo la nuova rabbina del quartiere e l’amico Ben. Ma dal passato riaffiorano vecchi rancori e segreti che obbligheranno tutti a fare i conti con l’età adulta e gli scherzi del destino. Tornare a casa racconta la nascita di una famiglia inaspettata, che si forma attorno a un vuoto e che si salda in nome dell’amicizia e di un impegno profondo nella cura reciproca. Tom Lamont ci consegna un esordio commovente, un racconto della paternità ironico e dolce, capace di sovvertire i ruoli sociali e di mettere in discussione le consuetudini e le regole dei legami di sangue.

Questo libro è per chi ricorda la casa d’infanzia come un regno di infiniti corridoi, per chi ama la delicata ironia dei libri di Nick Hornby, per chi va sempre nello stesso cinema malandato, e per chi vaga per il quartiere valutando modi audaci per cambiare la propria vita: un nuovo lavoro, una nuova speranza.


L’autore

Tom Lamont vive a Londra con la moglie e i due figli. Giornalista pluripremiato, scrive per The Guardian, The Observer e GQ America. È tra i fondatori della rubrica giornalistica “The long read”. Ha intervistato personaggi celebri, scrive di libri, cinema, musica e sport. Tornare a casa è il suo romanzo d’esordio. 


  • Casa Editrice: Enne Enne Editore
  • Traduzione: Antonio Mareta
  • Pagine: 336
  • Prezzo: 19 euro

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Pubblicato da laurasalvadori

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