LE PORTATRICI di Jessica Schiefauer

 Alcune cose sono semplici da raccontare. Altre parti sono più difficili. Ciò che è successo dentro di me, nelle mie sensazioni o nel mio corpo, quei ricordi sono scivolosi come saponette, mi sgusciano dalle mani quando voglio scriverli. Ma sono importanti, devono essere descritti in qualche modo. Senza di loro ci sarebbero grossi buchi nella storia. (…)
Qualcosa si muoveva dentro di me. Un piccolo, minuscolo battito, come una farfalla che muoveva le ali sottili.
Infilai le mani sotto la canottiera, cercando di coprire la pancia più che potevo con i palmi. Sotto la pelle e il grasso sentivo la membrana tesa, la parete che mi separava da ciò che c’era là dentro. Una stanza scavata dentro di me, un buco a forma di uovo, e in quel buco c’era qualcosa che si muoveva.
Alzai lo sguardo verso i boccioli bianchi, trattenni il respiro, mi ascoltai dentro. Ma era tutto silenzioso, non c’erano ali di farfalla che battevano.
Le mie dita si mossero lente sulla pelle. Sentii la mia stessa voce, arrivò di sorpresa, come se fosse di qualcun’altra.

Trama

Quando il Covid ci ha colpito nella primavera del 2020, Jessica Schiefauer aveva già consegnato il suo romanzo su cui lavorava da più di un decennio. Ambientata in un mondo postpandemico, si narra la storia di Nikki e della sua compagna Simone. Il Morbo ha devastato il loro mondo per generazioni, e ha costretto la popolazione a separarsi secondo linee di genere: la società è riservata alle donne, note come “portatrici”, mentre gli uomini, i “diffusori” della malattia, sono tenuti in quarantene a prova di fuga. Se una portatrice entra in contatto fisico con un diffusore, la malattia si sviluppa nei corpi di entrambi causando la morte della portatrice nel giro di quarantotto ore. Il diffusore va incontro alla stessa sorte, ma viene anche colto da un folle bisogno di fecondare più portatrici possibile prima di morire.

In una città chiamata Irisburg nel continente scandinavo, Nikki e Simone condividono una vita tranquilla e felice insieme. a loro è una società in cui i cittadini del mondo possono stabilirsi dove vogliono. Mangiare carne è ormai impensabile e il dibattito politico ruota attorno al modo migliore per gestire le risorse limitate della Terra. Invece del lavoro, le portatrici effettuano un numero limitato di ore di servizio ogni settimana. E in cambio del contributo alla democrazia con il voto, ricevono un’unità abitativa e un buono vita. Ma quando Simone decide di avere una bambina, tutto cambia. Tutto ciò che Nikki pensava di sapere sulla sua partner, sul suo mondo e su sé stessa è capovolto.

Le portatrici apre una finestra su una società radicalmente diversa, dove i sistemi politici ed economici di oggi sono stati relegati al passato e sostituiti da una visione eco-femminista che a prima vista sembra più luminosa, più verde, più giusta, un mondo immaginario plasmato dal Morbo ma anche da nuove tecnologie, modalità di trasporto e metodi di riproduzione, completo di un proprio vocabolario Eppure le cose non sono come sembrano e Nikki scopre il lato oscuro della sua società. In questo mondo rivoluzionato, le portatrici lottano ancora con i concetti umanissimi di amore, tolleranza e desiderio, paura, violenza e potere.


Recensione

Una società che appare completamente ribaltata rispetto al nostro presente. Un mondo tutto al femminile, fatto solo di donne, che portano avanti l’umanità attraverso nuovi metodi di concepimento. Una democrazia aperta e diretta, che elargisce a chi vota una casa e di che vivere. Non si lavora, si contribuisce con servizi utili alla società. Nessuna prevaricazione: tutte hanno le stesse cose. Nessuna ambisce ad avere di più, un concetto che pare scomparso dalla società.

C’è un ordine quasi innaturale e uno scandire dei giorni che sembra aver cancellato gli acuti intellettuali e la creatività dell’individuo. Le donne si amano tra loro, bastano a loro stesse e portano la vita.

Gli uomini, al contrario, diffondo un morbo terribile e per questo vivono segregati, al pari di animali pericolosi e selvaggi. Ingovernabili, abbruttiti dal desiderio incontrollabile di fecondare. Irsuti, dai lineamenti marcati, dai ghigni bestiali,  spaventosi e primordiali. C’è ancora memoria di un lontanissimo passato in cui il patriarcato imperversava. Epoche in cui la donna era tenuta ai margini e l’uomo distruggeva il pianeta in tutti i modi possibili. Oggi invece la società ha raggiunti una perfezione che va mantenuta a tutti i costi.

Un affaccio futurista che suona immediatamente interessante, curioso. E la lettura parte immediatamente con il piede giusto. Si fa affascinante e con naturalezza si insinua nel lettore un esercizio irresistibile di immaginazione e di immedesimazione in una società che ha perso qualsiasi connotato romantico ed erotico, in cui prevale l’obbedienza e l’appiattimento di ogni individualismo.

Jessica Schiefauer ha lavorato moltissimi anni alla stesura di questo romanzo e gli ha dato la luce proprio quando un altro morbo prendeva il sopravvento nel mondo intero. Il sopraggiungere del Covid, in realtà, ha reso lo sforzo di immedesimazione molto più facile per il lettore e lo ha avvicinato senza grossi sforzi al mondo descritto nel libro, che sarebbe risultato, altrimenti, piuttosto lontano dalla nostra realtà.

Sarà per questo che tutta la narrazione mantiene una sua plausibilità e ci fa precipitare a corpo morto in un mondo che per quanto spaventoso serba un’immagine di ordine e di giustizia sociale, eccetto,naturalmente, per l’uomo, inteso esclusivamente come genere, che viene demolito e demonizzato con sbalorditiva sistematicità. Una demolizione che ho percepito come una sorta di nemesi storica (i maschietti mi perdoneranno se mi sono lasciata prendere la mano!).

Nel romanzo, la storia di Nikki è una storia di consapevolezze e di scoperta. Una crescita interiore che diventa esponenziale e l’apertura verso ciò che viene giudicato pericoloso. La voglia di capire, la capacità di acquisire un pensiero critico e il necessario ripensamento su verità preconfezionate che ci tengono in scacco. La spinta a pensare con la propria testa anche quando si tratta di demolire dogmi indiscussi sui quali abbiamo la nostra intera esistenza. La naturale, doverosa, catartica apertura verso il diverso, che non può che costituire, per chi legge, un monito e una esortazione. Una visione della maternità vissuta come una missione, completamente soggiogata alla necessità di mandare avanti la specie e svuotata da qualsiasi sentimento ed istinto. E, infine, la consapevolezza che qualcuno sopra di noi manipola le nostre percezioni e la nostra coscienza ad uso e consumo del potere. E ci tiene in scacco, lavorando sulle nostre paure e sui nostri preconcetti.

C’è poco da aggiungere, direi. Le Portatrici è un romanzo che tutti dovrebbero leggere, perché gli spunti di riflessione che propone sono importanti e irrinunciabili. Un romanzo godibile, con una costruzione narrativa e una prosa impeccabile, fatta per catturare l’attenzione e per provocare il lettore, costretto a riflettere su temi spinosi e di non facile lettura.  Una storia di crescita. Un vaso che si scoperchia su una realtà che, in fondo, non è poi così lontana da quella in cui viviamo, in cui permangono  mille altri modi di segregazione, non solo quella di genere.


L’autrice

Jessica Schiefauer è nata e cresciuta in un paese fuori Göteborg. Dopo il conferimento dell’August Prize per Girls (Feltrinelli, 2016), si è confermata come una delle più interessanti voci della letteratura young adult in Svezia. I suoi romanzi si concentrano su temi quali l’autostima, la crescita, la sessualità e l’identità di genere. Con il romanzo Quando arrivano i cani (Camelozampa, 2022) ha vinto nuovamente l’August Prize nel 2015.


  • Casa Editrice: Fandango Libri
  • Traduzione: Samanta K. Milton Knoles
  • Genere: distopico
  • Pagine: 346