NEL SILENZIO DELLA NOTTE di Diego Collaveri

Si portò la mano al petto, spaventata dal fantasma dell’ansia che la stava avvolgendo. Indietreggiò di qualche passo fino alla poltrona, lasciandosi andare come schiacciata dalla paura.
Non era un poliziotto e non era dentro una fiction televisiva. Claudia glielo aveva ripetuto più volte, ma solo adesso assaporava quanto amara potesse essere la realtà. Restò ferma a guardia dell’ingresso, senza distogliere lo sguardo dalla porta, maledicendo se stessa per il guaio in cui si era andata a cacciare.

Trama

La promozione a ispettore che ha portato Claudia Draghi nella città di Livorno non è servita a cancellare il suo passato. Malvista per i suoi precedenti e osteggiata dalla mentalità sessista del nuovo superiore, trova conforto nell’amicizia di Dina, attempata vicina burbera e impicciona, appassionata di polizieschi. L’improvvisa sparizione di Mihaela, badante dell’anziana, da poco in Italia e in cerca di una vita migliore, porterà le due donne a inciampare in un’organizzazione criminale che riduce in schiavitù donne invisibili arrivate come clandestine. Il ritrovamento di alcuni resti disciolti nell’acido darà un risvolto ancora più macabro al mistero della scomparsa di Mihaela. Aiutate da Luciano Martelli, un vecchio poliziotto impopolare, Claudia e Dina proveranno a risolvere il caso, ma un’amara sorpresa le attende nel silenzio della notte.


Recensione

Un thriller nostrano, di un autore che calpesta quotidianamente il mio stesso suolo. Quello di una terra abbacinata dal sole e baciata dal salmastro, dove si bada alla sostanza delle cose e non ci si lascia confondere dalle apparenze. Una striscia di terra di una bellezza sorprendente, senza fronzoli.  Una bellezza che si coglie nella sua interezza solo quando ce ne allontaniamo.

Le pagine odorano di mare e portano con sé la voce irriverente, verace e senza peli sulla lingua della gente di Livorno. La storia è cruda, dolorosa. Ma anche colorata, vivace, piena di contrasti. Scivola come olio, senza attrito. Incuriosisce, coinvolge, strappa un sorriso. Ti avvolge dentro un viluppo di vite, tutte così vere che sembrano appartenere a volti conosciuti da sempre.

Si, sto parlando di un thriller. Di oscurità, vessazione, morte. Di animi deviati, insani, che assoggettano la brama di ricchezza a qualsiasi principio. Eppure l’animosità, la disarmante trasparenza e il malcelato folklore della gente labronica rendono questo thriller un piccolo scrigno di tesori, che impreziosisce una trama già di per sé accattivante e misteriosa.

Il romanzo ha le sue primedonne: una è Claudia Draghi, ispettrice di polizia appena trasferita a Livorno, in fuga da un trascorso lavorativo scomodo; l’altra è Dina, una anziana signora linguacciuta e testarda, investigatrice dilettante, assidua seguace di fiction televisive, acuta spettatrice degli eventi della vita, recalcitrante a farsi da parte e a lasciare che la sua voce cessi di essere ascoltata dagli altri.

Le due donne non potrebbero essere più distanti, nonostante si trovino per caso a dividere lo stesso pianerottolo. Eppure calcheranno la stessa scena, entrambe da protagonista, collaborando alla soluzione di un caso che coinvolge donne e ragazze dell’Est europeo, alla ricerca disperata di un nuovo inizio. Entrambe sono personaggi a tutto tondo, con un passato di sostanza alle spalle che continua, anche nel presente, a presentare un conto salato. Forti nelle loro fragilità e nelle loro insicurezze, nel momento topico riescono entrambe ad affilare le unghie e a difendere ed offendere senza tirarsi indietro. Impossibile non amarle. Impossibile lasciarle andare (capito Diego??).

Intorno a loro una moltitudine di comparse, che, come fiori in un prato, rendono tutto il giardino gradevole all’occhio di chi guarda. Spolverando i dialoghi con un pizzico di vernacolo livornese, Diego Collaveri costruisce un piccolo capolavoro di immediatezza e veridicità, obbligando il lettore a catapultarsi dentro ad una città incredibile, baciata dai marosi e dai colori di un paesaggio che ha il blu del mare davanti e il verde delle dolci colline toscane dietro. Al centro, invece, ci sta tutto l’arcobaleno, tanta è la varietà umana e non solo che si abbraccia dalle pagine. Una varietà che Collaveri addomestica senza sforzo, racchiudendola dentro ad uno schema narrativo che non ha pecche e alterna il dolore alla leggerezza, la crudeltà alla genuinità, il male al bene. Il risultato è una narrazione che scorre spedita, non solo metaforicamente, per le strade e i quartieri di Livorno, alla scoperta di una storia che non ci saremmo immaginati mai. Collaveri è un bravo illusionista e ci prepara fin da subito all’epilogo. Una spada di Damocle che il lettore sentirà aleggiare sopra la propria testa per tutta la durata del romanzo. Appesa ad un crine che vorrebbe spezzare, pur di allontanare quell’ombra.

Si dice che uno scrittore raggiunga il proprio apice quando racconta le cose che sa, che vive e che ha vissuto. Posso dire che è vero e questo autore lo dimostra ampiamente con questo romanzo, dal quale è facile trarre l’attrazione fatale per il mistero, il desiderio di sezionare l’animo umano, traviato da pulsioni aberranti e l’amore per la sua terra, che offre al suo pubblico, senza filtri.


L’autore

Diego Collaveri è stato musicista, arrangiatore e sceneggiatore per diverse società, tra cui Fandango. Docente saltuario di Sceneggiatura e di Storia del Cinema, critico cinematografico a tempo perso, ha ricevuto diversi premi per la narrativa crime. È autore della saga del commissario Botteghi (Fratelli Frilli Editore) e di Fango (La Corte Editore, 2021).


  • Casa Editrice: Ugo Mursia Editore
  • Collana: Giungla Gialla
  • Genere: thriller
  • Pagine: 265