
Si erano fissati. Lei non aveva avuto paura di essere come nuda davanti a lui. E lui non aveva abbassato gli occhi. Questo era già essere amanti.
Non hanno combattuto contro il desiderio, l’idea non li ha neppure sfiorati – si è semplicemente capaci di avere un0idea, in quei momenti, un pensiero? Tutto è andato da sé. Si sono arresi di fronte all’evidenza, una verità sospettata da anni, ma che non avevano potuto, o voluto, riconoscere. Adesso la verità si imponeva. Marie ha capito che il ritorno alla vita passava attraverso Paul, che avrebbe fatto l’amore con lui e che non avrebbe avuto senso un uomo che non avesse conosciuto Pierre, che non fosse stato amato da Pierre da lui e che lui non avesse amato. Paul nello stesso istante, si è sentito giustificato nella sua condizione di uomo e di essere vivente. Le loro esistenze, improvvisamente, sono parse ai loro occhi decifrabili. Non erano sopravvissuti per niente. Quell’istante li aspettava.
Trama
Il 4 novembre 1911, a Parigi, su un giornale a grande tiratura compare un titolo in prima pagina: Histoire d’amour. Madame Curie et le professeur Langevin. Marie Curie ha dunque un amante? La stampa e l’opinione pubblica s’infiammano. Tribunali, duelli, lettere rubate: lo scandalo è enorme. Comunque, sì, è vero, Marie Curie ha un amante. Vedova da cinque anni di Pierre Curie – insieme al quale ha scoperto il radio e ricevuto il primo premio Nobel -, si è innamorata di un uomo sposato: Paul Langevin, amico di Einstein e scienziato eccezionale quanto lui.
Ma, sebbene nella vicenda il “traditore” sia soltanto Paul, che ha moglie e quattro figli, è soprattutto lei a essere presa di mira. Icona della scienza in tutto il mondo, sta per ricevere un secondo Nobel e la sua candidatura all’Accademia delle Scienze è oggetto di pesanti polemiche tra i cattedratici e non solo. Ora si scopre che è anche capace di amare. Amare e basta, al di là di ciò che impongono la morale o la pubblica decenza: tutto questo è intollerabile. Il 7 novembre, il premio le viene consegnato, ma sui giornali francesi nemmeno una riga, o quasi. La notizia di quei giorni è invece che la moglie di Langevin è ricorsa al tribunale per ottenere la separazione dal marito e la custodia dei figli.
Che cosa unisce davvero il giovane, aitante scienziato dai baffi a manubrio e l’intransingente “polacca” che ha consacrato l’esistenza alla ricerca, a sprezzo della propria salute? Come convivono in lei il ricordo di Pierre e il sentimento verso Paul? Con L’amante segreto di Madame Curie Irène Frain ha interrogato archivi dimenticati, foto sconosciute, luoghi inesplorati. Ha messo insieme i tasselli di un’indagine avvincente via via trasformatasi nelle pagine di uno splendido romanzo biografico. E ha magistralmente ricostruito – sullo sfondo della società francese d’inizio Novecento e di uno scandalo mediatico d’inattesa modernità – il ritratto di una donna pronta a rischiare per amore tutto quello che il mondo le ha riconosciuto.
Recensione
Una ricostruzione minuziosa, coinvolgente, generosa e illuminata, quella di Irène Frain, che ci regala una elegante ed emozionante incursione nella vita di Mania Sklodowska, diventata poi Marie Curie, personaggio chiave del mondo scientifico dei primi del Novecento, colei che scoprì il “polonio” e il “radio”, Premio Nobel con il marito Pierre Curie per la Fisica nel 1903 e Premio Nobel nel 1911 per la Chimica.
Un personaggio chiave, non solo per l’eccezionalità delle sue scoperte scientifiche, ma anche e soprattutto per aver sancito irrevocabilmente il diritto della donna a dire la sua in campi storicamente riservati esclusivamente agli uomini, come quello scientifico.
Una vita che ha di per sé le caratteristiche di un romanzo. A cominciare dai suoi primi passi in Francia, come studentessa di Fisica e Matematica alla Sorbona, stretta nell’indigenza e nel disagio del suo status di straniera. L’incontro con Pierre Curie, l’amore e la condivisione della passione totalitaria per le scienze. La vita divisa tra insegnamento e laboratorio. Il lavoro, che sfinisce ma che appassiona. L’ossessione per lo studio e la sperimentazione. L’atteggiamento austero, quasi glaciale, di chi deve dimostrare ogni giorno di poter stare dove sta.
E poi il successo, il Nobel, la notorietà. Lei, vista come la semplice assistente del marito. Perché si stenta a credere che una donna possa aver avuto un simile merito: Che il Nobel sia, insomma, solo farina del suo sacco. L’opinione pubblica del tempo non è pronta ad accettare una donna-scienziato e fa fatica ad incasellare Madame Curie in luoghi che non siano il focolare domestico.
Quando Marie si troverà sola e prostrata dal lutto per Pierre, sarà proprio la scienza e il lavoro ottenebrante ed esigente a salvarla dalla follia. Finché una nuova follia non attraversa la vita di Marie. Una follia e una nuova ossessione, chiamata Paul Langevin. L’allievo di Pierre, il più brillante. L’allievo che ha amato Pierre con tutto se stesso e che Pierre ha amato a sua volta.
Della storia di questo amore proibito non si sa molto, solo ciò che traspare da una corrispondenza che fu trafugata ai due amanti e data in pasto ai giornalisti dell’epoca e da pochissime testimonianze indirette.
Irène Frain è magistrale nel dare voce a questa appassionata relazione. L’autrice ricostruisce questa relazione in modo minuzioso, facendo affidamento su pochissimi indizi, che tuttavia riesce a trasformare in testimonianze di un amore totalizzante e sofferto. Immaginando i due amanti nel loro bilocale a Parigi, in cui consumano il loro amore tormentato. Immaginando le loro conversazioni. Gli umori, i sentimenti, le sensazioni, i timori, l’estasi.
La grandezza di quest’opera sta proprio nella capacità interpretativa di vicende che non sono mai state di dominio pubblico. Vicende nebulose, che si intrecciano al desiderio di offuscare la figura di Marie Curie e il suo genio.
Ne escono pagine toccanti, che descrivono il tumulto interiore di questa straordinaria donna, che divide la sua vita tra il laboratorio e l’appartamentino in cui si consuma il suo amore proibito.
Un amore osteggiato dalla mentalità dell’epoca, ma anche dalla Legge. Un amore che rischierà di infangare la figura accademica di Marie, proprio nei giorni che precederanno la vincita del Nobel per la Chimica del 1911.
La penna di Irène Frain è leggiadra ed estremamente evocativa. Capace di ricreare un romanzo dentro a due vite reali, attraverso la cura maniacale ed appassionata dei loro aspetti emotivi e psicologici, complice la puntuale ricostruzione della società francese dell’epoca, con i suoi pregiudizi.
L’utilizzo del tempo presente e le frequenti incursioni nella Storia, quella vera e documentata, rendono la lettura gratificante e coinvolgente. La lettura scorre via, pagina dopo pagina; solo quando l’autrice inserisce un fatto documentato, ad interrompere brevemente la narrazione, si ha la netta percezione che stiamo leggendo una biografia e non un romanzo.
Una biografia appassionata, che scandaglia gli aspetti meno noti della vita di questa grande scienziata e che le restituiscono quell’umanità, fragilità e spessore che spesso vengono tolti a personaggi di tale calibro. Una ricostruzione dell’epoca che rende evidente quanto la figura di Marie Curie cozzasse con l’ideale femminile dell’epoca: una donna votata alle scienze, poco presente alle figlie, la cui vita si svolgeva costantemente fuori dalle mura domestiche, incurante del proprio aspetto, sul quale non avrebbe dovuto fare affidamento per essere credibile e che, probabilmente, sarebbe stato considerato un ostacolo ulteriore nel suo percorso già irto di difficoltà. Una donna bella che non sapeva di esserlo e affascinante seppure non facesse niente per evidenziare la propria avvenenza e la propria femminilità. Una donna capace di vivere passioni totalizzanti, forte nel cogliere le sfide, lucida nell’inseguire i propri sogni ma anche sola e incompresa. Una donna perduta dentro ad una sorta di sdoppiamento, quello, dicotomico, tra passione e intelletto. Una contrapposizione che ha segnato la sua vita e quella di numerose altre donne che hanno vissuto in altre epoche. Un conflitto che, a ben vedere, costituisce l’ossatura dell’essere donna, oggi come ieri, una condizione da sempre intrappolata dentro a una gabbia dorata, piena di brucianti contraddizioni.
L’autrice
Irène Frain, scrittrice e giornalista, è nata in Bretagna nel 1950. Tra i suoi romanzi più conosciuti in Francia: Le Nabab (Lattès, 1982), Secret de famille (Lattès, 1989), Devi (Fayard/Lattès, 1993) e Le Naufragés de l’île Tromelin (Michel Lafon, 2009). In Italia, ha già pubblicato il saggio La felicità di fa l’amore in cucina e viceversa (Ponte delle Grazie, 2004) e il romanzo Beauvoir in love (Mondadori, 2014).
- Casa Editrice: Gremese
- Genere: biografia
- Traduzione: Carlo Floris
- Pagine: 335
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