
Da quel momento smisi di volerla. A vote capita: pensi di volere una certa cosa, e poi ti accorgi che ti sbagli. Il giorno dopo ero seduta all’Albero Segnavia, a sfogliare uno per uno gli account che lei seguiva sullo Schermo. Pensai a mia madre che comprava gli asciugamani per copiare gente che vedeva lì sopra: possibile che anche la vita di Anna fosse il tentativo di assomigliare a quella di un’altra?
Le esistenze fittizie e la catastrofe che incombe a ricordarci quanto è reale il nostro quotidiano orrore.
Ciò che rimane addosso dopo una lettura vertiginosa come questa è la sensazione, netta, che le nostre tragedie, i nostri rimedi per ottenere una vita che resti vivibile e sopportabile anche nelle peggiori circostanze, siano nulla. Un pallido tentativo per illuderci che una singola vita, la nostra, sia tanto significativa da meritare un destino diverso da quello degli altri, su questo pianeta. Un destino, una vita che appare asservita al bisogno di essere visibile. Al bisogno di fuga dal reale, alla necessità di crearsi una nicchia in cui esistere nel modo che vorremmo fosse quello reale.
Ali Millar, al suo prepotente esordio letterario, crea un presente distorto, immaginario, ma pur sempre realistico, dove alcune attitudini del nostro vivere sono amplificate ed estremizzate. Lo specchio di una realtà deformante in cui l’essere umano viene continuamente valutato mediante una scala di valore netta e discutibile. Il valorimetro, uno strumento che stabilisce chi sei e quanto vali, quante risorse pubbliche ti sono destinate. Se vivrai e come lo farai. Una realtà fragile, un equilibrio che può rompersi compiendo scelte sbagliate, conducendo esistenze ai margini, classificate come sacrificabili. Sullo sfondo le eco di una catastrofe imminente, che sembra creata allo scopo di distogliere l’attenzione dall’iniquità di quel vivere. Un’Onda, capace di travolgere tutto e tutti, la cui portata è devastante. Un pericolo senza forma che aleggia nell’aria come un presagio. Che può condurre all’apatia oppure all’esaltazione. Una punizione, una selezione naturale, che lascerà in vita solo chi ha sufficiente valore. Uno spauracchio a cui credere oppure no, che tuttavia tiene tutti in scacco, limitandone gli spostamenti. Una trappola, un ricatto al quale si può sfuggire solo rifugiandosi nella realtà virtuale degli Schermi.
Lo scarto con la nostra realtà è davvero minimo, eppure Millar sa amplificarlo, sa renderlo più stridente, più crudele. Forse perché guarda con lucidità feroce dentro le nostre vite, nei labirinti delle nostre paure e nei recessi delle nostre miserie. Senza il timore di offendere o di spaventare. Senza che la distopica rivoluzione in cui rinchiude il nostro essere sia il cerchio concentrico da cui cercare invano di fuggire, senza difese o attenuanti. Inermi contro una forza che è più grande di noi, che ci trattiene, ci inchioda e finisce per schiacciarci. Una penna impietosa e lucidissima. Una lama che taglia straziando e cerca nel dolore una assoluzione che tarda a venire a galla. Un pungolo che ci spoglia, incredibilmente affilato, che mette in mostra le nostre essenze. I mezzi che scegliamo per raggiungere inostri scopi, le menzogne, la manipolazione che utilizziamo in quel turbine di quotidiano in cui importa solo il fine, lo scopo, quale che sia.
La narrazione a più voci, che intreccia ed esalta le distanze.
La narrazione è affidata alle voci di Anna, di Ava e del pubblico che assiste alle loro gesta. Quest’ultimo è il vero misuratore degli eventi, un corpo unico e compatto che osserva e giudica, spesso con crudeltà ma anche con una buona dose di imparzialità. Una voce che si distanzia dalle singole visioni delle due protagoniste. Una sorta di coscienza, che appare come un faro nella notte, ad illuminare di razionalità gli accadimenti che colgono Anna a Ava nella manciata di giorni in cui si svolge il romanzo. Ada, per contro, è un fantasma. E’ il ricordo della figlia adolescente di Anna, che è morta a causa di qualcosa di terribile che la erodeva dentro. Un disturbo alimentare probabilmente, che spesso nel romanzo viene evocato come la massima manifestazione del rifiuto di vivere. Come l’empia punizione verso chi doveva aver cura di te e ti ha abbandonato. Il sigillo di una genitorialità distorta, ripiegata su se stessa, alla ricerca di un fulgore rapido ed esaltante, quello che Anna cerca sui social, con la sua professione di influencer. La massima espressione dell’apparire, dove persino il lutto subito viene utilizzato per attirare nuovi follower e massimizzare gli engagement. Ava invece è una giovane ragazza che cerca con ogni mezzo di fuggire da una situazione precaria. Il padre se ne è andato e la madre vive una situazione di forte instabilità. Il valore che la società le assegna on è insufficiente a garantirle un’esistenza serena. Senza un lavoro fisso e una rispettabilità sociale evidente rischiano entrambe la deportazione. L’arrivo di Anna sulla Punta, una remora località costiera tra l’Inghilterra e la Scozia, sembra essere l’occasione per elevarsi. Ava inizia a studiare il profilo social di Anna per assomigliare alla figlia morta e diventa quell’apparizione, quel brivido, quell’aberrazione capace di trascinare Anna nella follia, ancora più in fondo a quel buco nero che sembra risucchiarla sempre più.
Tra Anna ed Ava si insinua una corrente sotterranea, fatta di complicità, follia, attrazione. Delle due è Ava ad essere più lucida. Lei comanda il gioco, almeno all’inizio, giocando sulla somiglianza con Ada e straziando la pena di Anna, un miscuglio di dolore, perdita, senso di colpa, allucinazione, droghe e giochi pericolosi.
La scrittura di Millar, tra vertigine e analisi sociale.
Il fulcro di questo romanzo è proprio la prosa che l’autrice utilizza, sospesa tra la vertigine e l’analisi sociale. La scelta di affidare la narrazione alternativamente alle due protagoniste si rivela molto efficace. Il loro è un linguaggio intimo, irriverente e senza filtri, che lascia alla luce tutte le loro aberrazioni e meschinità. Frutto di esistenze distorte, l’una dal lutto, l’altra dall’esigenza di sopravvivere in un mondo che vuole annientarla. Ma anche figlie di una società malata, in cui conta l’apparire. Governata da un dispotismo cieco, che distrugge la diversità, che utilizza il terrorismo come calmiere, che desidera uniformare tutto e tutti, al soldo di una paura latente e magnifica, fatta per mantenere ordine e per sottomettere. Una realtà che spinge il singolo ad una strenua difesa della propria individualità, con ogni mezzo a disposizione. Un disegno ad un passo da molte realtà in cui lo spettro del totalitarismo è chiaro e neanche troppo celato.
I legami personali, un ago impazzito tra tanti poli di attrazione
Il cuore del romanzo è il legame tra Ava ed Anna, segnato da attrazione, dipendenza, squilibri di potere. Millar indaga il desiderio non come spazio di liberazione, ma come terreno ambiguo, dive isogno, manipolazione e sopravvivenza emotiva si intrecciano. Non c’è innocenza nello sguardo reciproco: ogni relazione è anche una negoziazione.
I temi del romanzo
- Crisi climatica e mondo sull’orlo dell’apocalisse -> la minaccia costante di un cataclisma chiamato l’Onda è la metafora potente della crisi ecologica che incombe sul nostro tempo. La narrazione mette in luce l’inerzia e la distrazione collettiva di fronte ad una catastrofe annunciata, suggerendo che la società contemporanea fatica a connettere gli eventi climatici con la propria vita reale;
- Relazioni umane, desiderio e manipolazione -> al centro della trama c’è l’incontro tra due donne molto diverse: Ava, una giovane che vive ai margini e cerca di fuggire ad una condizioni economica precaria e Anna, influencer quarantenne segnata da un trama familiare. Il loro rapporto sfugge a definizioni semplici: è fatto di attrazione, manipolazione, desiderio e tensione emotiva;
- Società dei social, identità e valore numerico -> analisi impietosa del nostro presente, con la dittatura imperante dei social che rischia di inquinare sempre più i nostri modi di vivere e i nostri principi. Anna incarna l’ossessione per l’apparenza e i numeri digitali. La narrazione suggerisce una critica sociale profonda della cultura delle metriche digitali come misura del valore personale e come questo sistema possa trasformare l’esperienza umana in spettacolo.
- Identità, narrazione e punti di vista -> la struttura mescola punti di vista diversi – quello di Anna, di Ava e di una voce collettiva (Noi) per mostrare quanto sia inaffidabile la percezione di sé e del mondo. Quetso artefatto critica l’idea stessa di verità unica e invita a riflettere sulle multiplicità delle storie e della verità.
- Corpi, traumi e relazioni familiari -> accanto ai temi sociali e ambientali il libro affronta anche esperienze profonde e intime, come il rapporto di Ava con il proprio corpo e il desiderio, il trauma personale e familiare di Anna, le relazioni disfunzionali tra genitori e figli. Questi aspetti inseriscono la narrazione in un registro più psicologico e corporeo, dove il trauma e il desiderio attraversano ogni scelta dei personaggi. Qui il corpo non è neutro ma un archivio di ferite.
- Umorismo nero e tensione narrativa -> nonostante l’atmosfera spesso cupa o inquietante, il romanzo utilizza umorismo nero e ironia per sottolineare l’assurdità e l’esasperazione del presente. Questo fa emergere un tono narrativo unico, che oscilla tra tragedia, grottesco e riflessione sociale.
Perchè leggere AVA ANNA ADA
Perché è un romanzo che prende sul serio il presente e ne mostra le fratture senza ricomporle: la crisi climatica come sfondo costante e rimosso, le relazioni come luoghi di consumo e dipendenza, l’identità come costruzione esposta allo sguardo e al giudizio. Leggerlo significa accettare uno sguardo che non offre vie di fuga né redenzioni, ma costringe a restare dentro l’inquietudine.
Perché è un libro necessario per chi cerca una narrativa capace di interrogare il rapporto tra umano e mondo vivente senza ricorrere a miti riparativi. L’ecologia, qui, non è paesaggio né metafora, ma una condizione che attraversa i corpi, i desideri, le relazioni di potere. La catastrofe annunciata non arriva mai, e proprio in questa sospensione Millar racconta con precisione il nostro tempo: quello in cui tutto sembra sul punto di crollare, ma la vita continua come se nulla potesse davvero cambiare.
Perché ha una scrittura affilata e instabile, capace di tenere insieme ironia e vertigine, intimità e collasso. E perché pone una domanda che resta aperta anche dopo l’ultima pagina: come si vive, come si ama, come si desidera in un mondo che abbiamo già iniziato a perdere?
Anna Ava Ada non racconta la fine del mondo, ma l’abitudine alla sua imminenza. È un romanzo che chiede al lettore di interrogarsi non su ciò che verrà, ma su come stiamo già vivendo dentro la perdita.
Il romanzo
Un’estate soffocante, un’adolescente che sogna la fuga, un’influencer che sta perdendo il controllo, uno tsunami in arrivo, un’attrazione impossibile: cosa succede quando l’equilibrio – naturale, sociale, psichico – si spezza?
È un’estate torrida sulla Punta, una remota località costiera fra Inghilterra e Scozia colpita dalla crisi economica e minacciata – almeno stando ai telegiornali, e alle centinaia di curiosi accorsi per l’occasione – dall’arrivo imminente di una catastrofica Onda.
Ava è un’adolescente solitaria e inquieta, che si prostituisce per accumulare i soldi sufficienti a garantire a sé e alla madre un futuro migliore. Anna è una ricca ed elegante influencer quarantenne che si è appena trasferita sulla Punta con il marito e il figlio di otto anni, nel vano tentativo di lasciarsi alle spalle un terribile trauma, la morte della figlia Ada. Dal momento in cui si incontrano, fra la ragazza e la donna scoppia un’attrazione ambigua e irrefrenabile, che in un crescendo di desiderio e manipolazione reciproca sconvolgerà la vita di entrambe le famiglie.
Ava Anna Ada è una favola dark, inquietante e sensuale venata di humour nero, un romanzo potentissimo che ci tiene incollati alla pagina raccontando il deflagrare insieme violento e liberatorio delle pulsioni represse in un mondo – immaginario, ma fin troppo simile al nostro – sull’orlo dell’apocalisse.
L’autrice
Ali Millar è nata in Scozia nel 1980. È cresciuta all’interno di una comunità di Testimoni di Geova e, dopo averla lasciata e aver studiato scrittura creativa alla Napier University di Edimburgo, ha raccontato l’esperienza nel memoir The Last Days (2022), segnalato dal Guardian fra i migliori libri dell’anno. Ha pubblicato pezzi giornalistici sul Guardian e sul Sunday Times, fra gli altri, e tiene una newsletter: Ali Millar’s 3 am things. Ava Anna Ada è il suo primo romanzo.
- Casa Editrice: Sur Edizioni
- Traduzione: Martina Testa
- Pagine: 306
- Prezzo: E 19,00
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Scritto il 28 dicembre 2025