GRANDE RAGAZZA, PICCOLA CITTA’ di Michelle Gallen



A giudicare dalla penombra nella camera da letto Majella capì che il sole mattutino era sparito e un altro cielo grigio premeva su di loro con tutta la sua forza e lo avrebbe fatto fino a che l’invisibile sole non fosse affondato dietro le montagne. Controllò il cellulare: “nessun nuovo messaggio”. Si rimise giù e ascoltò il chiacchiericcio della tele di sotto.


Aghibogey e l’apoteosi del fallimento della narrazione politica del nostro tempo.

6 novembre 2025

Per chi ha sempre creduto che i Troubles fossero scaramucce di un passato morto e sepolto, in un angolo di Europa remoto e trascurabile, la lettura di questo romanzo rimette la Storia e le istanze dell’Irlanda del Nord al posto che meritano, ossia nel ricordo vivido di un recente passato sanguinoso e intransigente. Una necessità, in fondo, per chi come molti di noi, ha dimenticato quei lunghi anni, odorosi di polvere da sparo e di sangue sparso a terra. Una lotta che fece della religione il suo assurdo baricentro, con le sue propaggini velenose.

Michelle Gallen, che è nata e cresciuta durante i Troubles, ambienta il suo romanzo di esordio, Grande ragazza, piccola città, in una immaginaria piccola cittadina nord-irlandese nel 2004, quando il conflitto è ormai finito ma non sono terminate le sue eco. Il paese è ormai privo di soldati, di armi, di fumi che escono dai cumuli di macerie. I ponti sono stati ripristinati ed è nuovamente possibile passare il confine. Un ritorno repentino alla normalità che suona quasi traumatico per chi, come Majella, è cresciuto con la questione irlandese a tentennare tra i piedi, respirando l’aria acre, densa di pericoli, di quella paura che diventa impercettibilmente un’ombra conosciuta e non fa più impressione. La pace è sparita, nascosta sotto le occhiate di sdegno, la segregazione, il fiume che divide, come sempre ha fatto da che c’è memoria, la zona cattolica da quella protestante.

Tutto appare normale, anche se non lo è. Il padre di Majella, attivista dell’IRA, è scomparso improvvisamente e nessuno sa cosa ne è stato di lui. Una militanza che non è stata indolore e che ha lasciato un’ombra lunga sulla vita di tutta la famiglia. Scelte delle quali Majella non è del tutto consapevole. Majella non sempre dimostra di comprendere a pieno ciò che la circonda. Una forma di difesa per chi come lei ha visto la propria vita prendere una rotta inaspettata, allontanandosi da una situazione di tranquilla ordinarietà per virare verso gli stridori dell’indigenza e del disagio. Sua madre è rimasta intrappolata tra il disincanto e la rabbia, che vive e incarna la stessa frustrazione di un paese che non trova pace. Che si è consegnata alle trappole dell’alcolismo e ha rinunciato a prendersi cura di se stessa e di sua figlia.

Majella è cresciuta in un contesto in cui occorre prendere una posizione netta. La necessità di scegliere da che parte stare è diventata per lei una sorta di resistenza silenziosa che trova sfogo nell’abitudine, nella passività, nella mancanza di stimoli e di obiettivi. L’assenza del padre è un vuoto che Majella riempie con il suo bisogno di routine, con la solitudine, il rifiuto di tutto ciò che potrebbe portarla verso gli altri, con i quali tuttavia ha a che fare tutti i giorni, poiché lavora in un chip shop. Un ambiente che trasuda calore e grasso di patatine fritte. Un luogo in cui il cibo cessa di essere nutrimento e diventa oppio per dimenticare i problemi di tutti i giorni. I clienti del chipper sono sgrammaticati, disagiati, poveri, soli. In cerca di calore, di una parvenza di normalità. Non hanno peli sulla lingua, sono scurrili, vivono una vita in perenne bilico tra la sopravvivenza e la speranza. Tutti si conoscono e ognuno oscilla tra la pietà e il rancore verso l’altro. Sono pettegoli e sporchi, impantanati in una vita che li ha traditi, costretti a schierarsi, pagandone le conseguenze.

Anche Majella ha deposto le armi. Non si cura del suo aspetto, mangia sregolatamente, vive con una madre sciatta e alcolista in una casa sporca e buia, dove tutto è caotico e opaco, dove persino i sogni non si azzardano ad entrare. Fa sesso quando capita, si sbronza il fine settimana. passa il tempo libero a letto a guardare la televisione. Sa di meritare disprezzo e disapprovazione. E’ sola ma non è mai sazia di solitudine.

In quello che è un fallimento su larga scala, Michelle Gallen riesce a costruire l’apotesi del fallimento di tutte le grandi narrazioni politiche che, dopo aver sparso sangue si risolvono e svaniscono nello squallore di una cucina fredda, dove una donna e sua figlia mettono malamente insieme i frammenti di una vita marginale e patetica. Ma, e questa è la sua grandezza, lo fa con studiata leggerezza, mutuando un linguaggio paradossale e raffazzonato, costruendo incredibili caricature, utilizzando una comicità tragica e secca che fa sorridere mentre un malore intestino contrae le viscere e suggerisce quella tristezza cattiva che non sa consolare. Un tono antisentimentale rotondissimo, con il quale dice l’indicibile. Con il quale tratteggia la sconfitta dell’essere umano che cerca di risorgere dalla cenere dopo gli incendi della lotta. La vita dopo la violenza, dopo l’ideologia radicale, dopo la perdita.

E nell’incertezza tra il pianto e il riso, tra lo sdegno e l’empatia, Gallen costruisce un microcosmo vivido e colorato, dove possiamo facilmente intravedere quel filo di compassione che rende tutto più vicino, più umano.

Grande ragazza, piccola città è davvero un piccolo capolavoro di realismo e di rinascita. Un’occhio crudo che guarda il mondo fuori con indifferenza. Con il disinteresse di chi ha visto senza penetrare a pieno il significato di lottare per un ideale che scardina tutta la tua vita senza saperti ricompensare. Un’amara disillusione sulle possibilità di cambiare davvero il destino dei popoli e un invito a cercare la felicità nelle piccole cose. Una narrazione intrisa di umorismo, sagacia, ironia, profonda sensibilità. E un personaggio davvero indimenticabile che riesce ad intravedere un baricentro nella nebbia fitta della sua vita. Una vita che si rivolta contro, senza dare scampo. Il disegno di un destino impietoso che schiaccia tutto e tutti ma che in fondo non sa finalizzare la vittoria e si lascia doppiare da quel corridore insospettabile che non getta la spugna e continua a correre, cadenzato, concentrato, perseverante. Fino al traguardo.


Il romanzo

Majella O’Neill ha ventisette anni e vive con la madre alcolizzata in un’immaginaria cittadina dell’Irlanda del Nord: Aghybogey. Passa le giornate al lavoro in un chip shop dove è spettatrice delle vite tragicomiche dei suoi concittadini, spesso ubriachi e scortesi, e a casa dove trascorre gran parte del tempo a guardare vecchi episodi di «Dallas», a bisticciare con la ma’ e ad abbuffarsi di cibo fritto che si porta dal lavoro. Non ha amici, non ha peli sulla lingua, ha manie e tic, non è interessata ai pettegolezzi che le racconta ogni giorno il collega Marty, e alla cupezza della routine, e più in generale della vita nel Nord Irlanda – siamo nel 2004 e i Troubles sono finiti da poco, ma la comunità è ancora sconvolta e divisa dalla violenza –, reagisce con una certa causticità. La sua vita cambia con la morte dell’amata nonna, dopo un’aggressione misteriosa, e questo dolore, insieme a una sorprendente rivelazione, le farà capire che Aghybogey non è il centro del mondo… Majella O’Neill è un personaggio indimenticabile e Michelle Gallen ce lo fa conoscere con un dark humour tutto suo e con una lingua espressiva, frizzante, che esplode quando a prendere la parola sono gli strampalati abitanti di Aghybogey. Una storia piena di ritmo che alterna momenti comici e drammatici ed esplora le possibilità del futuro che attende ciascuno di noi.


L’autrice

Michelle Gallen è nata nel 1975 nella contea di Tyrone, Irlanda del Nord. È cresciuta durante i Troubles a pochi chilometri dal confine con la Repubblica d’Irlanda. Si è laureata in Letteratura inglese al Trinity College di Dublino e in Editoria alla Stirling University in Scozia. Ha iniziato la sua carriera di scrittrice nel 2006 con un racconto per la rivista irlandese «The Stinging Fly». Grande ragazza, piccola città è uscito nel 2020 per la casa editrice inglese John Murray ed è stato finalista agli Irish Books Awards come esordio dell’anno, al Costa First Novel Award, al Comedy Women in Print. Il secondo romanzo, Factory Girls, uscito nel 2022 sempre per John Murray, ha vinto il premio Comedy Women in Print ed è stato in short list al Royal Society of Literature Encore Award 2023. Entrambi i romanzi sono usciti in America e in Francia. Ha pubblicato racconti su varie riviste, tra cui «Mslexia», «The Stinging Fly», «Cyphers», «QWF» e ha vinto l’Orange/NW Short Story Award. Vive a Dublino con il marito e i due figli. Attualmente lavora al terzo romanzo e alla sceneggiatura delle serie tv per la BBC tratte dai suoi due libri.


  • Casa editrice: KellerEditore
  • Traduzione: Elvira Bassi
  • Pagine: 342
  • Prezzo: E 19,00

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Pubblicato da laurasalvadori

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