
17 febbraio 25
Convergenze nell’aria: il ventriloquo e il ragazzo-gabbiano
Il mare è un tappeto sotto alle traiettorie di due esistenze. Una che sboccia, l’altra che declina. Il blu rimanda all’idea di eterno. Si fonde con l’altro eterno blu, quello del cielo. Mare, cielo, eterei come le immagini che evocano da sempre. Ma l’uno spaventa, profondissimo, se si guarda da un aereo. L’altro è nuvola che condensa per farsi acchiappare da un bambino.
Nel titolo del quinto romanzo di Matteo Porru troviamo già le tracce del suo narrato. Un volo che non è solo fisico ma anche ideale, verso le orbite dell’esistenza. Che sia futuro o passato, aspettativa o rimpianto, non ha importanza. Sopra, perché guardare dall’alto regala prospettive profonde, inimmaginabili altrimenti. E Oceano, idea di grandezza che trascende l’uomo e i suoi intenti.
Il fulcro è un incontro. Tra Michele e Jonathan. Li dividono tanti mondi: quello del tempo, quello del vissuto, quello dell’immaginato. E le esperienze, diverse perché appartenenti a tempi distanti tra loro ma tenute insieme dalla colla del disincanto.
L’incontro è già un miracolo. Michele e Jonathan non potrebbero essere più distanti. Ma sono seduti accanto, stretti nello spazio fisico e mentale di un volo in aereo. Costretti, in ogni accezione possibile. Una costrizione che si risolve in una tregua tra generazioni, che pretendono entrambe di essere complesse, difficili da intrepretare e vivere. Entrambi credono nel potere dell’evasione, l’escamotage per ritrovare uno spazio per se stessi in un mondo affollato. Jonathan per rivendicare il bisogno di essere visto e amato, E Michele, ventriloquo ormai dimenticato, che ha ascoltato tutta la vita e ha parlato per mezzo dei suoi pupazzi.
I pupazzi di Michele diventano immediatamente il gancio per costruire un dialogo interiore che sfocia in un flusso coscienza, nell’eterno scontro tra ciò che mostriamo e ciò che siamo veramente.
Parlare, aprirsi sarà il modo più naturale per superare l’agonia dello spostamento forzato, del tempo che si sottrae allo spazio. Un parlato che finisce per convergere sul racconto delle loro vite, sospese davanti all’idea di non essere stati amati nello stesso modo in cui hanno amato. Michele ha perduto il padre e in qualche modo anche la madre, rapita dagli artigli della malinconia. Ha amato una sola donna e l’ha cercata in ogni gesto che ha compiuto lasciandosi ispirare nel profondo dalle eco del suo ricordo. Jonathan è un ragazzo diviso da una separazione sofferta, che trova sollievo solo nel bisogno di vendicarsi. La gioventù gli impedisce di trasformare l’energia bollente della rabbia in amore. Quell’amore che è sempre troppo alto, troppo lontano. Che sembra non poter essere colto mai e che avrebbe bisogno di una versione più modesta, meno altisonante. Più umana e meno perfetta.
L’incontro è un confronto e uno scontro ma è denso di saggezze che latitano ai margini delle loro coscienze. Chiavi che aprono lo sguardo di noi che viviamo ogni giorno, ed è sorprendente che a dispensarle sia un ragazzo così giovane, che la vita ha solo sfiorato e che ancora deve vedere e toccare e sperimentare.
Matteo Porru ha una voce inaspettata, pronta a sondare l’insondabile. Ad abitare le stanze vuote del rimpianto, che sa immaginare e rappresentare senza eccessi né immaginazione. Un linguaggio che sa incantare, che indugia nelle pieghe delle emozioni, poetico ed evocativo. Forte l’indagine psicologica che mette in campo, profonda l’analisi interiore dei personaggi, che sembrano riflettersi in un gioco di specchi per trovare la chiave di lettura di una vita che smonta i piani e mette costantemente alla prova la resilienza dell’uomo e la sua volontà di trovare ogni volta motivi per vivere e per imparare a resistere.
Tutto il romanzo ricorre al dialogo e al flash back, coinvolgendo il lettore nell’impresa di ricostruire due vite spezzate. Nel finale l’autore risolve l’enigma di una assenza, rendendo palpabile ciò che sembrava solo immaginifico. E restituisce al giovane Jonathan la fiducia necessaria per ascoltare e comprendere. Un’eredità che è anche concessa al lettore, che potrà trarre giusto beneficio dal dialogo tra Michele, vecchio e senza più illusioni e il ragazzo, che saprà assorbire l’esperienza del suo vicino di volo.
E se davvero nella vita conta il come e non il quando, come Porru scrive nelle sue pagine, non stupisce che Matteo sia così maturo, rotondo e compiuto a soli 24 anni. Quando è il non è mai troppo presto per scrivere bene. Come è l’estasi di una scrittura profonda, pensata e piena di luce.
Il romanzo
Se l’eterno ha un colore, è un tono di blu. Questo pensa Michele mentre l’aereo cerca il cielo e si solleva. Con sé ha un bagaglio leggero, ma in realtà è il più pesante che abbia mai trasportato. Perché in quel biglietto di sola andata c’è tutto quello che lo ha condotto fino a lì. Ha paura di volare, ma qualcuno gli ha detto che l’aria si storce come la vita e quella torsione non la rende peggiore. È solo un intervallo brusco e inatteso. Così si guarda intorno e nota, sul sedile accanto, un ragazzo. Si chiama Jonathan e le cuffie dietro le quali vuole nascondersi si sono rotte. Per duecentosessanta minuti non resta che chiacchierare. Un anziano e un giovane. Cosa avranno mai da dirsi? Jonathan ha molto da domandare, soprattutto perché gli adulti sono convinti che, ai loro tempi, tutto fosse migliore e che i ragazzi non abbiano niente di interessante da dire. Michele sa ascoltare. In fondo, anche lui è stato un bambino solo, costretto a volare con la fantasia per ingannare la realtà per l’assenza del padre e l’indole nostalgica della madre. C’è qualcosa, però, che Michele vorrebbe rivelare. Il segreto che l’ha fatto salire su quell’aereo. Un segreto che profuma di un incontro di tanti anni prima. E forse per volersi bene davvero non serve per forza stare vicino, ma basta pensarsi. Michele ha pensato tutta la vita a quel momento. Perché il punto non è andare. Il punto è come si arriva. Matteo Porru ha conquistato la stampa e l’Europa con “Il dolore crea l’inverno”, tradotto in diversi paesi e vincitore di premi internazionali. Anche la televisione si è accorta del suo talento ed è spesso ospite nelle trasmissioni più importanti. Ora ritorna dai suoi lettori con una storia intensa sulle speranze e sulle illusioni. Volare sopra l’oceano può aprire nuovi orizzonti o dischiudere vecchi desideri.
L’autore
MATTEO PORRU è nato a Roma nel febbraio del 2001. Editorialista, autore per il cinema e il teatro, ha vinto il premio Campiello Giovani nel 2019 con il racconto Talismani. Il dolore crea l’inverno è il suo primo romanzo per Garzanti.
- Casa Editrice: Garzanti
- Pagine: 144
- Prezzo: E 16,00
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