
Ripensa a dicembre, a quando avevano lasciato la loro casa e si erano messi in viaggio per sempre, e adesso è tutto chiaro, di nuovo e proprio lì, davanti ai suoi occhi. Lui ha un solo compito, costi quel che costi: fare quello che deve. Qualunque cosa, costi quel che costi, per tenere il figlio al sicuro, per renderlo felice, per farlo stare bene. E che fortuna, Henry. La medicina che serve al ragazzo è proprio dentro quel supermercato, e quindi è lì che deve andare, e gli sembra una cosa maledettamente bella sapere almeno questo.
26 novembre 2024
L’america degli esclusi, l’america delle meraviglie.
Che sia amaro, questo romanzo, non si può negare. Un veleno, che contamina ogni cellula, che spazza via ogni spiraglio di luce. Un racconto che segna il destino degli emarginati, che lo rende ineluttabile, come un cancro che diventa inevitabilmente metastasi e corrompe ogni organo vitale. La luce che non c’è, la buona sorte che prende un’altra strada e si volta noncurante dall’altra parte. L’occasione, che si affaccia e cerca solo un modo di fartela pagare. E l’amore, che sembra esistere solo per porgerti un conto da pagare, sempre troppo salato. Non meritarsi neanche un grammo di fortuna, un’attenuante, una seconda occasione. Un treno che passa e tu sei in ritardo, corri e inciampi, corri e torni indietro. Senza scarpe, senza soldi, senza opzioni. Perdi il treno, resti sul binario, freddo, spazzato dal vento, a stomaco vuoto. Solo con il disprezzo di chi ti scruta dal finestrino, e ti schernisce, e ti offende con la sua sicumera, la sua fortuna sempre al fianco, come un’assicurazione sulla vita.
Queste le sensazioni che offuscano le pagine di questo romanzo. Leggerlo è vertigine e impotenza. Un romanzo sui vinti di oggi, nell’epoca dell’opulenza e dell’abbondanza, che non a caso è il titolo che l’autore, al suo esordio, sceglie per la sua opera. Un titolo volutamente anacronistico, a significare che l’abbondanza, mai come oggi, è davvero una parola multistrato. Lo stesso protagonista, Henry, sembra volercelo indicare, mentre percorre le strade di un America spietata del nostro tempo a bordo di un pick-up di seconda mano e rincorre un sogno semplice: un lavoro, una casa e un po’ di felicità per il figlioletto Junior, che conosce solo il disagio di un’infanzia complicata e solitaria.
I soldi scarseggiano. A volte pochi spicci, a volte una piccola fortuna frutto di lavoretti sporadici e malpagati, a volte, una sola volta a dire il vero, una cascata di dollari, che Henry pagherà caro, con il suo primo vero tradimento. I soldi scandiscono le giornate di Henry e di Junior. Decidono cosa si può o non si può fare. Una cena al McDonald’s oppure del cibo in scatola. Benzina per spostarsi, una tappa in un bagno pubblico a togliersi un po’ di sporcizia di dosso, per far finta di trattenere un po’di dignità. La fame, che stringe il corpo in una morsa. L’apatia del piccolo Junior, i suoi ricordi contaminati, il sorriso che non spunta più su un visetto sempre più smunto e opaco.
Henry ha un passato con cui fare pace. Che spunta tra un capitolo e l’altro. Un’infanzia e una adolescenza segnata dalla malattia della madre e dalle paturnie di un padre irrisolto e frustrato.
L’amore lo coglie giovane e impreparato. Lei è ancora più segnata di lui, fiaccata da una dipendenza emotiva schiacciante. L’amore è un lusso che non sanno permettersi. E’ quella vertigine che sdoppia la vista e offusca la visione. E l’errore è dietro l’angolo, a far loro gli occhi dolci. A confonderli, traviarli, proprio mentre dona loro una nuova vita da accudire e crescere.
Con una padronanza e una sensibilità incredibile, Guanzon conduce le redini di una storia che dilania, che fa sognare e soffrire, che fa fremere e che spezza il cuore. Il senso di impotenza pervade ogni pagina, per ciò che vorresti accadesse ma che non accade, Per ciò che vorresti dire e fare, ma che non puoi esprimere, né pensare. E presto, troppo presto, sai perfettamente che non potrai fare niente per Henry se non guardarlo mentre lotta, e fallisce, e si inganna e perde, e si sente impotente, incompreso, bistrattato da quel mondo fuori che non è per lui, che gli rema contro, che lo mette alla prova e lo osserva capitolare malamente, senza sconti.
Guanzon costruisce con commuovente lucidità una ballata degli esclusi, restituendo un quadro dell’America dei derelitti, degli emarginati, di chi si muove dietro le quinte di un palcoscenico opulento, sgargiante e chiassoso, fatto per nascondere ciò che fa più male. Il fallimento di una società che non è sociale, né solidale. Che chiude gli occhi davanti al marciume e che scalza con il piede gli strati decomposti di un mondo sommerso scomodo e oltraggioso.
Una scrittura limpida e coinvolgente che ribalta i valori per i quali vale la pena lottare riducendoli all’essenziale, donando al lettore una vera lezione di vita. L’opportunità di provare a mettersi nei panni degli altri e di cogliere come una mancanza, un vuoto, possano diventare una voragine dalla quale è impossibile fuggire.
Il messaggio di Guarzon è comunque un messaggio di speranza. La fiducia che l’autore riversa nell’amore è tanta e solidissima. Diventa il motore che muove verso la lotta, verso la sopravvivenza. Gli ostacoli sono un trampolino per riscattarsi. La fine di una cosa è solo l’inizio di qualcos’altro, ecco la morale. E una bugia può servire a filtrare una realtà agghiacciante. A stratificare un momento, ad aprire una visione e a serbare un ricordo intatto, da utilizzare nei momenti peggiori della vita.
Non una sola lettura, in fondo, ma più di una ad appannaggio del lettore. Come la vita stessa, del resto, che può essere bella o brutta, alternativamente, ma anche nello stesso momento. Bella o brutta, da una angolazione o da un’altra. E’ questione di visuale, di sentimento, di sensazione. Di fede, di scopi, di priorità.
Il romanzo
Sfrattati dalla loro casa-roulotte la notte di Capodanno, Henry e il figlio Junior sono costretti a vivere in un pick-up, lavandosi nei bagni pubblici e mettendo da parte le bustine di ketchup come riserva di zucchero per i momenti peggiori.
Sei mesi dopo, mentre le tasche di Henry sono quasi vuote, un barlume di speranza compare all’orizzonte: nonostante i precedenti per droga che gli hanno sempre impedito di trovare un lavoro, Henry ottiene un colloquio per l’indomani. Un’altra buona ragione per festeggiare oltre a quella principale: il compleanno di Junior.
Le esigue finanze rimaste permettono una cena da McDonald’s e una notte in un motel, finalmente in un letto vero e proprio. Mentre Junior guarda la tv e Henry si esercita ad apparire un impiegato affidabile, sembra che per i due le cose volgano al meglio, ma una lite violentissima che Henry ha nel parcheggio del motel e un malore improvviso di Junior li restituiscono alla notte e alla loro battaglia quotidiana contro un destino e un paese ingiusto.
Attraverso una struttura narrativa brillante, che scandisce le giornate di Henry e Junior sulla base del denaro che hanno a disposizione, una delle giovani voci più talentuose della letteratura americana contemporanea firma un romanzo struggente, in cui grandi magazzini e fast-food fanno da sfondo a un’esistenza vissuta a perdifiato, tra tentazioni, cadute, sogni e delusioni.
Un racconto senza sconti dell’America degli esclusi, dove crepe di grazia possono aprirsi anche nella disperazione, e tutto quello che conta è restituire a un bambino di otto anni il sorriso.
L’autore
Jakob Guanzon è cresciuto in Minnesota e oggi vive a New York. Ha conseguito il dottorato in Lettere alla Columbia University e ha lavorato a Madrid come docente, editore e traduttore. Abbondanza, finalista al National Book Award, è il suo primo romanzo.
- Casa Editrice: Marsilio
- Traduzione: Gaja Cenciarelli
- Pagine: 368
- Prezzo: E 19
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