IL DIO DEI BOSCHI di Liz Moore


Una volta, giocando a Dictionary, Alice ha trovato la parola “trascendente”, ed è proprio quella la parola che le viene in mente quando pensa allo spazio liminale tra vita e morte in cui incontra suo figlio. Lo spazio in cui si concede di riconoscere ciò che ha fatto è trascendente. Lo spazio in cui non ce la mette tutta per impedire a frammenti di luce e ricordo di emergere di tanto in tanto, in momenti inaspettati, e con tanta acutezza da darle la sensazione di una pugnalata, è trascendente. In quel mondo in cui i ricordi arrivano, lei li accetta, li esamina in maniera oggettiva e si apre a loro, invece di allontanarli.


18 novembre 2024

Che la penna di Liz Moore fosse magica, era già appurato. Ma con Il Dio dei boschi Moore ha definitivamente consacrato il suo grande talento di narratrice e di interprete sensibile e illuminata dell’animo umano, regalandoci un romanzo indimenticabile in cui le sorti di una famiglia si legano ad una terra florida, ricca e fitta di un mistero asfissiante e palpabile che ha macchiato il passato e dato vita ad un dolore inspiegabile e inaccettabile.

La terra ha un ruolo centrale nel romanzo. E’ il simbolo di una ricchezza che affonda le radici nella concretezza dei boschi, nei terreni scoscesi e inaccessibili, nella bellezza quasi crudele di una natura selvatica e indomabile. I Van Laar, come la terra che possiedono, sono gente concreta e solida. Affidabile e senza macchia, come si addice a dei banchieri che ripongono le proprie sorti esclusivamente nella fiducia che ispirano ai loro clienti.

Una famiglia apparentemente perfetta, che abita quei luoghi da tre generazioni. Che ama la natura al punto di fondavi un campo estivo, per diffonderne nei giovani l’amore e il rispetto. Eppure quei boschi, verdi e solidi e profumati, nascondono un segreto: diversi anni or sono hanno inghiottito il piccolo Bear, il rampollo della famiglia, un bambino di otto anni, curioso, energico e dolcissimo. E oggi, in un giorno d’agosto del 1975, stessa sorte sembra toccare anche a Barbara, la figlia tredicenne dei Van Laar, che un giorno scompare riaprendo una ferita che sanguina ancora e smuovendo dal fondale viscido dei ricordi un fango spesso e nerissimo. Perché la tragedia è un’ombra che oscura la reputazione degli irreprensibili banchieri. Le chiacchiere, i mormorii sommessi, le dicerie sono tarli che corrodono dall’interno minando ogni superficie fino a farla implodere.

La costruzione del romanzo è superba. Moore si muove con maestria e lucidità tra diversi piani temporali, utili ad illustrare al lettore le dinamiche interiori che muovono i personaggi, e l’altalena di eventi che legano alla perfezione il passato con il presente. Le storie si dipanano con naturalezza e convergono verso la tragedia. Poi tornano al presente, in un’epoca in cui la donna vive della luce riflessa dell’uomo, schiacciata tra le convenzioni sociali e le gabbie dorate della famiglia.

Sono femminili tutti i personaggi chiave del romanzo. Alice, la giovanissima moglie di Peter Van Laar III, che vive all’ombra dell’ingombrante marito, così tanto da non meritare di avere neanche un’opinione. Un’incubatrice per produrre figli, un soprammobile, meglio se debole e remissiva. Alice, che muore il giorno in cui scompare il suo amato Bear, che viene fatta passare per pazza, poi invitata a trovare conforto negli antidepressivi, inutile sacco vuoto ora che il suo piccolo non c’è più. Alice offuscata, sopraffatta dalla nostalgia, da tenere in disparte, per evitare imbarazzi. Poi nuovamente madre di Barbara, nata per sostituire il fratello, cresciuta nell’ombra, ora adolescente ribelle e invisibile, di cui nessuno si cura. T.J. la direttrice del campo estivo, una giovane androgina e risoluta, schiva e indomita sulla cui sessualità ci si interroga più o meno apertamente. Louise, giovane coordinatrice del campo, una famiglia sfasciata alle spalle, che cerca negli uomini quella figura che le è mancata da piccola, remissiva, docile e sottomessa se in ballo c’è la speranza in un futuro migliore. Judyta, che solo da pochi mesi è investigatrice e che vede nel lavoro il mezzo per emergere, in un mondo comandato dagli uomini e fatto solo per loro.

E la storia di Bear, nucleo del romanzo, che è un rompicapo assurdo e subdolo. Quando è in ballo la reputazione di un banchiere bisogna risolvere in fretta e ancora più velocemente dimenticare. Cosa è successo quel giorno del 1961 mentre la famiglia Van Laar è impegnata nella festa che ogni anno si svolge nella proprietà?

E cosa è successo a Barbara in quel 1975 infuocato e crudele, mentre una comitiva di adolescenti legnosi e goffi gioca a fare gli esploratori? Chi espierà, stavolta, le colpe dei Van Laar, la storia della loro ascesa, i legami di sangue e di gratitudine, le apparenze, le gelosie, quei segreti che pesano come macigni?

Il dramma familiare diventa un thriller adrenalinico e concitato. Le passioni, i segreti, le costrizioni della ricchezza, del buon nome. La reputazione che sorpassa il bene in ordine di importanza, provocando una stortura che il tempo non sarà capace di correggere mai.

Tutto il romanzo è perfezione, stridore, acuto grido di dolore e ingiustizia sociale e di genere. Desiderio, ascesa, follia, menzogna, colpa e espiazione. Un groviglio di sensazioni e sentimenti dal quale emerge solo il dolore della perdita e dell’ingiustizia, quella che si può guarire solo con l’estremo sacrificio.

Un microcosmo senza pecche, in cui rispecchiare il nostro sentire profondo. Il mondo imperfetto e fallace che Moore rappresenta in maniera perfetta, incantevole e crudele, attraverso una scrittura cruda, precisa e affilata, che concede solo quel fugace senso di incompiuto come unica consolazione. Ne esce una rappresentazione impietosa dell’uomo e dei suoi massimi sistemi, delle sue leggi e delle sue menzogne, macigni che schiacciano l’immagine che ognuno crede di avere, mentre tutto il suo debole e fallace costrutto crolla miseramente.

Ma chi legge perdona lo stridore della storia, l’afrore che spinge l’uomo a mentire e a sopraffare. Moore percorre ogni contraddizione, ogni stortura addentrandosi nel cuore dei personaggi, come nel fondo di una foresta inaccessibile e sconosciuta e ci consegna una storia di amicizia e di fedeltà, di desiderio, di cambiamento e di seconde possibilità.

Nel bosco c’è un tesoro nascosto. C’è un luogo di pace che la morte ha solo offuscato. C’è salvezza e pace. Se riuscirai a raggiungerlo.


Il romanzo

È l’estate del 1975 quando Barbara Van Laar, adolescente problematica, scompare da Camp Emerson, il campo estivo fondato dalla sua ricca famiglia nel parco delle Adirondack. La notizia fa subito scalpore: anni prima anche suo fratello Bear è sparito nei boschi in circostanze misteriose, e non è mai stato ritrovato. La giovane investigatrice Judyta Luptack comprende subito che tutti nascondono qualcosa: gli uomini della famiglia, che ai tempi di Bear hanno tardato a chiamare i soccorsi; la madre dei ragazzi, incapace di riprendersi dal dolore; il capitano della polizia, che ancora una volta ha fretta di trovare un colpevole, e Tracy, l’unica amica di Barbara al campo e l’unica a conoscere i suoi movimenti segreti. Mentre le indagini procedono, passato e presente si intrecciano, mettendo in luce tradimenti, menzogne, conflitti e giochi di potere. In questo sontuoso romanzo, Liz Moore mescola thriller e dramma familiare, raccontando una comunità dove ricchezza e benessere diventano gabbie che imprigionano affetti, desideri e ambizioni. Con uno stile limpido e ammaliante, Il dio dei boschi si addentra nelle contraddizioni umane come nel folto di una foresta impenetrabile, e ci consegna un ritratto memorabile della giovinezza, dell’amicizia e delle seconde possibilità che la vita concede quando si ha il coraggio di cambiarne le regole.

Questo libro è per chi affida un desiderio inconfessato a una stella cadente, per chi ha amato Dio di illusioni di Donna Tartt, per chi durante una tempesta ha trovato rifugio tra i rami di un abete, e per chi ricorda con affetto quel momento della vita che è come prendere fiato prima di parlare: un’ultima, dolce pausa prima di rivelare al mondo la propria natura.


L’autrice

Liz Moore è una scrittrice e musicista americana, e insegna Scrittura creativa alla Temple University di Philadelphia. NNE ha pubblicato I cieli di Philadelphia (2020), da cui è stata tratta la miniserie Long Bright River, Il mondo invisibile (2021) e Il peso (2022), romanzo che è stato selezionato per l’International IMPAC Dublin Literary Award e ha imposto il talento di Liz Moore sulla scena letteraria internazionale. Tradotto in più di venti paesi, Il dio dei boschi è uno dei bestseller americani del 2024, selezionato per il Summer Book Club di Jimmy Fallon e incluso da Barack Obama tra i migliori libri dell’anno.


  • Casa editrice : Enne Enne Edizioni
  • Traduzione: Ada Arduini
  • Pagine: 533
  • Prezzo: E 22,00

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Pubblicato da laurasalvadori

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