
Elliot: Mi piaceva guardarla. All’inizio non se ne accorgeva o non gliene importava niente. Non faceva mai come fanno certe persone, che quando qualcuno le guarda lo sentono — una zona calda sul viso o sul collo – e poi, senza neanche farci caso, si girano. Se lei quella zona calda la sentiva, era capace di ignorarla. L’aveva imparato. Faceva parte del suo grande progetto, restare il più immobile possibile. Diventare inamovibile.
Bella: Nella descrizione del video mia figlia aveva illustrato sua posizione. Diceva che l’isolamento è essenziale per crescita della creatività. Linkava altri account che celebravano la solitudine, spesso coniando parole nuove come solitarietà e isolatezza. Scriveva di guide spirituali che avevano trovato l’illuminazione nel silenzio, di artisti che si erano ritirati dal mondo per il bene della loro pratica. (…) “Star soli può essere bello”, aveva scritto. Ormai era l’unica forma di interazione che tollerava – citazioni e conversazioni ricordate, cose che poteva incorporare nella sua filosofia senza dover affrontare la complessità di un alto essere umano.
Susie: Dopo la rottura è venuta a stare da me. È arrivata alla fine di settembre e se n’è andata a fine marzo. Durante la metà buia dell’anno è andata in letargo e quando ne è riemersa era cambiata. Può sembrare che le abbia fatto un favore – a darle un posto dove stare, a tenerla al sicuro – ma in realtà era il contrario. Erano mesi che provavo una sensazione di agitazione, di nervosismo che, quando si è trasferita da me, per un po’ è scomparsa.
La solitudine, la ricerca di sé, le vetrine virtuali. Mi mostro, ergo sum.
29 gennaio 2024
La crudele contemporaneità di quest’opera prima coglie di sorpresa, quasi colpendoci a tradimento là dove la carne è più tenera, con l’inaspettata violenza di una verità di cui si è consapevoli ma che è difficile da palesare e riconoscere.
Crisalide è la somma di più solitudini. Solitudini subìte, quelle di Elliot, di Bella e di Susie. E solitudini cercate, quella di Lei, che non ha neanche un nome ma che rappresenta la bandiera accecante di chi decide di vendicare la sua esistenza complicata, pesante, incompresa e derisa mediante l’isolamento e la ricerca di una nemesi sociale, negando la sua presenza agli altri e mostrandosi solo attraverso i canali social.
La bravura di Anna Metcalfe, che si cimenta in un tema complesso, dibattuto e per certi versi anche inflazionato, è quella di aggirare la disputa collettiva sull’enorme tema dell’impatto dei social sulla vita moderna. Non commenta, non suggerisce, non tira conclusioni. Si limita a dispensare i fatti, la storia, l’evoluzione dei personaggi, indicando come l’emulazione possa, invero, essere in grado di lenire i disagi di chi è e si sente solo.
Due sono i piani di lettura di questo romanzo. Il punto di vista della protagonista, che nasce e cresce preda di un evidente disagio sociale, arginato attraverso un rapporto con la madre basato sull’umiliazione e il senso di colpa. Che cresce e subisce i contraccolpi di una relazione tossica. E che decide di prendere in mano la sua vita attraverso il suo corpo, che diventa la bandiera della sua interiorità. Un corpo solido, muscoloso, instancabile, esteticamente ipnotico. Un corpo da sottomettere mediante la volontà ferrea di mostrarsi forte, avulsa da ogni cedimento, quasi estraneo alle leggi della fisica e a ogni limite umano.
Il punti di vista di tre persone che hanno in qualche modo vissuto una fetta di vita con lei. Tre personaggi con un unico denominatore comune: la solitudine che caratterizza le loro vite, rendendole scialbe e opprimenti.
Elliot, un ragazzo solitario, abitudinario, dedito al lavoro, che si autodefinisce asociale. Bella, la madre, che soffre per tutta la vita il rapporto con la figlia, fatto di senso di inadeguatezza. Un rapporto difficile, che la figlia fagocita attraverso espressioni e comportamenti crudeli. Susie, la collega, colei che accoglie la ragazza dopo che ha messo fine alla relazione malata con il fidanzato. Susie, materna, accogliente, preda di un desiderio violento di assecondare, emulare, curare.
Sono le voci di questi personaggi a raccontare di lei. Delle sue difficoltà, dei suoi cedimenti, della sua rinascita, attraverso la cura ossessiva del corpo e la ricerca della solitudine, come cura, nemesi e vessillo di una vita che solo mediante la segregazione acquista significato. La negazione di ogni interazione umana ha il pregio inestimabile di consentire alla persona di focalizzarsi su se stessa e di fargli portare avanti un progetto senza che nessuno possa ostacolarlo, osteggiarlo, deriderlo. La natura diventa fonte di felicità e di realizzazione e i video che bucano l’etere diventano una sorta di diktat, qualcosa da seguire e da imitare. Lei si pone come un moderno guru, dispensando uno stile di vita estremo come panacea ai malesseri che derivano da una socialità corrotta, aberrante. Invece di subire il giudizio altrui, spesso crudele, lei vive in solitudine. Una solitudine che è tuttavia interrotta dalle sue interazioni con i social. I suoi video diventano virali, il suo stile di vita desiderato e spesso emulato.
Ed ecco che nasce la domanda: si è davvero soli se si è connessi? E la costante connessione è l’unica prova che si è vivi? Che esistiamo? Esistiamo anche se siamo eremiti, irraggiungibili e chiusi in noi stessi?
Sono questi i quesiti, irrisolti, che Crisalide lascia nel lettore. Temi davvero degni di riflessione, che ci riguardano da vicino. E un solo pensiero, che turba e infligge il dubbio: come vivere senza i social? Senza l’approvazione o il biasimo degli altri, che ci vedono attraverso uno schermo? E lo schermo: è un velo, un tramezzo, un filtro? O è una lente di ingrandimento capace di renderci conosciuti e riconoscibili?
Questi quesiti non troveranno soluzione durante la lettura, anzi si acuiranno e desteranno in voi altri dubbi. Ma una cosa è certa. Questa lettura vi prenderà completamente. La sua prosa scarna, quasi giornalistica, eppure intima e intrisa di disarmante sincerità. Le voci, confessioni senza veli di chi si è trovato ad osservare, ad essere testimone di qualcosa di grande. Ma anche di un’esistenza ordinaria, che si intreccia con altre esistenze ordinarie. E la figura di Lei, il suo fascino irresistibile, la sua forza, la determinazione ferma dei suoi intenti, che persegue con una dedizione al limite dell’umano. Una figura destinata a colpire e a fare segno. Perché ci culla nell’idea, oggettivamente vacua, che anche noi, se messi alle strette, reagiremmo con la stessa determinazione. E che se non fosse così, potremmo sempre darlo e vedere.
Ecco, in ultima istanza, la lezione: i social ci piacciono perché ci danno sempre un’attenuante, una via di fuga, una possibilità. L’importante è sembrare. L’essere viene dopo, miccia pronta ed esplodere. Il rumore, le macerie, basta renderle invisibili. I social ci piacciono perché coltivano l’ego, la narcisistica illusione di poter essere diversi da come siamo. E Crisalide ci piace perché ci illude, senza sforzo, di poter essere un giorno come Lei. Simbolo, faro, esempio.
Il romanzo
Una donna decide di tagliare i ponti con l’esterno, compresi amici, amanti e famiglia. Da piccola l’ansia la faceva tremare, ma ora si allena per diventare sempre più forte, per addestrarsi all’immobilità perfetta, piegando il suo corpo in posizioni plastiche, complesse. Comincia a mostrarsi solo attraverso i social, in video che la ritraggono immersa nella natura, sola, irraggiungibile e intangibile. E i suoi follower aumentano, scegliendo come lei di negarsi al mondo. Tre persone che l’hanno amata senza capirla raccontano la sua storia: Elliot, il suo primo seguace, che l’ha vista fortificare il suo corpo in palestra; la madre Bella, che l’ha cresciuta da sola e la ricorda come una bambina taciturna e nervosa; e Susie, collega e amica, che le ha offerto rifugio mentre ricostruiva la sua vita dopo una relazione tossica. Ipnotico e avvolgente, Crisalide è la storia di una donna che decide di sfidare lo sguardo degli altri, di ridursi all’essenziale e di trasformarsi in una musa ispiratrice, come una dea guerriera scolpita nella pietra. Con uno stile asciutto e poetico, Anna Metcalfe parla di passioni domate e di equilibrio ritrovato, di potere e autosufficienza, e della provocatoria libertà di sottrarsi a tutto, una metamorfosi energica e profonda capace di svelare potere e bellezza. Questo libro è per chi compone infinite liste per ritrovare la calma, per chi ha amato La vegetariana di Han Kang, per chi si è svegliato una mattina desiderando nuove abitudini, e per chi aspetta il momento in cui rimanere immobile e lasciarsi attraversare da un’onda di silenzio e respiro, per formulare una domanda immensa, universale.
L’autrice
Anna Metcalfe vive a Londra e insegna Scrittura creativa alla University of Birmingham. La sua raccolta di racconti Blind Water Pass (2016) è stata selezionata al SundayTimes Short Story Award, e nel 2023 l’autrice è stata nominata dalla rivista Granta tra i venti migliori giovani scrittori britannici. Crisalide è il suo debutto nella narrativa.
- Casa Editrice: Enne Enne Editore
- Pagine: 263
- Prezzo: E 19,00
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